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RIBELLI - Uriel

Ultimo Aggiornamento: 02/04/2004 16:52
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02/04/2004 16:52
 
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Ero nella mia tenda; Lothiriel aveva appena estratto la freccia che mi aveva colpito alla spalla poche ore prima. Tiberius viene a sincerarsi delle mie condizioni, tranquillizzandomi sul buon esito dello scontro e ragguagliandomi sulle perdite del nostro gruppo. Prima di cedere alla stanchezza gli rivolgo un ultima raccomandazione: “Manda Bear e Delarge a riposarsi: è da quando siamo arrivati che vegliano su di me... penso che me la caverò.Ringraziali da parte mia.”

“Il tramonto che si riflette sulla bianca torre di Ywata, la brezza marina sulla faccia, l’accademia, la mia famiglia, è questo ciò che più mi manca.”
Ripenso alla mia infanzia, alla fortuna di aver vissuto in una città splendida, come diceva mio padre Rafael: la “Bianca Perla”di cui lui stesso era Governatore, di poter godere dell’amore di mia madre Jeska donna amorevole ma al contempo decisa e forte.

I miei fratelli Gabriel il più grande sempre dedito a studiare in accademia, sempre pronto a mettermi a tacere ma anche a tirarmi molto spesso fuori dai guai in cui regolarmente mi cacciavo, e la piccola Amrael…quando sono partito era poco più di uno scricciolo. Mi piacerebbe vederla adesso: chissà se è bella e nobile come la mamma o regale e fiera come mio padre… probabilmente non mi riconoscerebbe neppure.

Quando iniziò la guerra mio padre venne chiamato a partecipare al Gran Consiglio di Elea.
Qualcosa si stava muovendo. I popoli liberi di Elea, vessati da anni di soprusi vissuti come banderuole al vento, si stavano riunendo sotto un antico simbolo, quello delle due asce, quello di cui avevo sentito parlare nelle storie di Gabriel.

Wermat si aspettava un aiuto dal nostro ducato e, nonostante il Duca fosse restio, lo ebbe. Vennero chiamati a raccolta tutti i giovani di Ywata e dei territori limitrofi e fu aperto un arruolamento per volontari e cacciatori di gloria. La risposta di Ywata fu altisonante. In molti aderirono e nonostante il nostro non fosse un regno così avvezzo alla guerra i suoi giovani fin da piccoli venivano addestrati nell’uso della spada e della lancia così come nella poesia o nell’architettura. Decisi anche io di partire con sommo orgoglio da parte di mio padre e di mia madre che nascose la paura molto bene come si addice ad una donna del suo calibro. Di partire per difendere un ideale e la mia amata terra e per trovare la mia strada nella vita. La sera prima di lasciare Ywata la passai da solo, come per iniziare ad abituarmi all’idea, con la certezza che sarei tornato a casa un giorno con onore. Passai la notte nella cripta di famiglia sulla scogliera e pregai gli antenati affinché proteggessero la mia terra e i miei cari mentre ero lontano e affinché avessero un occhio di riguardo anche verso di me.

Mio padre mi cedette il suo elmo argentato che da generazioni era appartenuto alla nostra famiglia, mi strinse le spalle e si raccomandò di tenere alto il nome del granducato e di essere prudente. Io salutai tutti cercando di mostrarmi più sicuro di quanto in realtà non fossi: quell’addio mi costò numerose lacrime negli anni a seguire.

Giunti a Wermat non trovammo una folla festante ne la consueta aria frizzante di Ywata ma una città indaffarata e operosa: nell’aria si respirava la voglia di rivalsa e di libertà. Solo più tardi avrei capito che molti di quegli uomini erano li per combattere molto più che per l’onore ma per necessità o per lavare con il sangue dei torti subiti.

Fu durante l’addestramento che conobbi dei grandi amici e dei fedeli compagni di battaglia: Tiberius che non si abbatte neppure nelle situazioni più disperate sospinto del desiderio di libertà e dal ricordo della sua famiglia, Bear che più di ogni altra persona ha in se radicati il sentimento di libertà e di onore e Ascanio che non ha mai avuto delle maniere molto ortodosse, ma che quando vuole qualcosa la ottiene e che crede ciecamente nella causa. E poi il possente Delarge che, seppure nella sua semplicità, è un uomo d’onore e fedele figlio di Elea.


Sono passati tanti anni... da allora molto sangue è stato sparso, molta sofferenza si è abbattuta sulle famiglie di Elea e io non vedo Ywata da circa 5 anni ma la porto sempre con me nel cuore; mi sono fatto strada: quel ragazzo viziato e sprovveduto che giunse spavaldo e arrogante ora è in parte scomparso lasciando spazio ad una persona di poche parole, nostalgica, indurita nell’animo dall’amara realtà con la quale il giovane che ero ha dovuto fare i conti. Adesso sono a capo di un clan guerriero e la nostra milizia è stata messa a disposizione del braccio armato della rivolta, organizzato dal Generale Blaster; il nostro clan presidia la prima linea dello schieramento, battaglia dopo battaglia, guardando in faccia il nemico senza mai indietreggiare di un passo, senza mai cedere, gridandogli in faccia tutto il nostro rancore. Da più di un anno ormai ci scontriamo con le abominevoli orde del Caos divoratrici di anime e distruttrici di città, le legioni imperiali elfiche, disponibili nelle lusinghe tanto quanto nel tradimento, le fulgide armate nere degli invasori di Argentea.


Ad oggi ho combattuto al fianco di uomini di ogni angolo di Elea,
di esseri di qualsivoglia natura tutti accomunati da un comune ideale. L’amore per la nostra terra.

..a volte durante le veglie notturne mi fermo ad ascoltare le storie che tengono vivo l’ardore degli uomini che ogni giorno combattono al mio fianco. Ognuno di loro è motivato oltre ogni limite ,guidato da ideali che da soli potrebbero abbattere le montagne. La strada che ho scelto di seguire non è facile: ogni giorno vedo uomini, amici, compatrioti morire, ma la mia strada è questa. Prego ogni sera per la mia famiglia, per il Ducato e per la libertà di Elea.


Mi sveglio di soprassalto e sono solo. Solo come in questi ultimi anni della mia vita, del resto. Solo con il ricordo della mia amata terra nel cuore, con la prospettiva di un futuro migliore per la mia gente. È per questo che ho deciso di mettermi al servizio delle genti libere di Elea, a costo di rinunciare alla mia vita, alla spensieratezza che è propria dei ragazzi della mia età, all’affetto dei miei cari.
Mi sveglio di soprassalto e grido notte dopo notte serrando il mio pugnale nella destra per ogni evenienza… vedo in un angolo la mia picca “Argento”: è ancora lucente…dopo tanti anni l’elmo invece comincia a sentire gli acciacchi del tempo: è coperto da una patina che temo non andrà più via, una patina che ricopre il mio stesso cuore e il mio stesso animo, l’animo di una persona che spera di arrivare alla fine dei propri giorni potendo lasciare ai propri figli un mondo migliore, un mondo libero in cui le genti di Elea possano alleggerirsi dei gioghi che li opprimono ormai da troppo tempo.

Madre, Padre, fratelli miei, amici, io tornerò da voi….tornerò, possano gli dei far precipitare la mia anima nelle profondità degli inferi! Giuro che tornerò e allora non ci sarà più dolore, non ci sarà più paura, non ci sarà più schiavitù, perché quando tornerò Elea sarà libera.



È già mattina.

“Capitano Uriel un dispaccio del generale Blaster ordina di rientrare a Wermat”

La spalla mi fa ancora male ma passerà. “In marcia Spaccaroccia è tempo di muoversi!”


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"Non uccidete i vostri nemici ma sfregiateli e mutilateli cosi che essi siano un ricordo vivente per se stessi e per gli altri che ovunque passano i Violatori quasi tutto muore e ciò che non muore desidera la morte"
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