Umani di Avalon

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Azrael

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2006 08:47
29/03/2006 20:05
 
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Background:
Nasce nelle fredde lande del Nord-Est da una relazione adulterina tra il conte Nicolaj Tatiscev e la duchessa Kathrina Ruskova; viene riconosciuto dal padre, ma non può essere accolto in casa a causa del risentimento della moglie di questi. Poichè la madre muore di parto, Azrael così chiamato poichè ritenuto responsabile della morte di questa, viene allevato dai nonni materni in un clima di freddo rancore, tuttavia educato dai migliori precettori come si conviene ad un nobile del suo rango. Cresce così sviluppando una naturale freddezza ed introversione unita al disprezzo caratteristico dei nobili per tutti coloro che egli ritiene inferiori a lui, odio verso la classe nobiliare da cui ha ricevuto un trattamento così scostante, ed un profondo rifiuto per la propria condizione di figlio illegittimo.
Raggiunti gli anni dell'adolescenza, intraprende degli studi personali sviluppando un profondo interesse per le scienze occulte; si imbatte nei primi testi nella biblioteca della propria dimora, cercandone poi altri in giro per il Paese. Alla morte dei nonni, ereditato il feudo materno, decide di allontanarsi lasciandolo in mano ad un vassallo ed iniziando a girovagare per il mondo per sedare la sua sete di conoscenza, e non solo.
Raggiunge Avalon durante uno dei suoi pellegrinaggi e qui si ferma, senza apparente motivo.



Skill di razza:
Approvate dal Senato Umano:

CONOSCENZE(arcane): l’umano con questa abilità ha studiato per anni misteri antichi, tradizioni magiche, simboli arcani, frasi criptiche(non vuol dire che sa fare magie però).

GUARIRE: l’umano con questa abilità è in grado di prolungare la vita di un compagno gravemente ferito, rallentare gli effetti di un veleno o di una malattia mentre attende un druido, grazie alle conoscenze di pronto soccorso apprese.
_________________

Skill:
Conoscenze arcane liv. 1


Karma 16.690

Skill: 1 di 6 --> step in eccesso 5


[il pg potrà scegliere se spendere gli step in eccesso aumentando i livelli delle skill che possiede o se richiedere nuove skill]

19/11/2006 20:18
 
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Ampliamento background:

[Un documento stilato con scrittura regolare, polvere nera, lapis a tracciar linee evanescenti che sostengono le parole dirigendone lo srotolarsi. Pregiato velino di supporto, pelle ben tesa, raschiata con cura, vellutata, quasi soffice, colore chiaro su cui bruno l'inchiostro spicca coi suoi graffi scuri ed in fondo, sulla destra, come grumo di sangue rappreso, il frastagliato simbolo di una nobiltà viziata, impresso con forza: Rampante grifone dalle fauci spalancate, la zampa a sostener il brando, baluardo di un'aristocrazia ipocrita la cui virtù langue come la fiamma di una candela. Piegato e racchiuso quasi fosse tesoro conserva con pomposa maestria quanto con esso fu sancito]

Con codesta epistola, io, nicolaj Andrejevich conte di Tatiscev rendo noto alla Signoria Vostra, in piena libertà e consapevolezza, chiamando a testimone di questo mio atto Nostro Signore Iddio Santo Benedetto et omnia sanctorum, la decisione presa con ponderazione di riconoscere quale mio figlio l'infante generato dalla defunta Kathrina Ruskova legittima figlia del duca di Ruskov, Vladimir Sergejevich.
Accettando in tal modo il legame di sangue con il suddetto pargolo io lo designo unico e diretto erede del mio casato e lignaggio così come d'ogni bene in mio possesso e la terra ove esso giace. Con pari diritto il sottoscritto rivendica sul bimbo la piena concessione della patria potestas e mi appello a Voi affinchè ingiungiate a coloro cui, per cause di forza maggiore, esso è affidato di attenersi con scrupolosità a quanto da me disposto.
Prego quindi la Signoria vostra di avvallare quanto da me espresso in codesto cartiglio sancendone validità quale documento effettivo.

In fede

Nicolaj Andrejevich Tatiscev

[In calce è apposta una seconda firma di scarsa leggibilità ed un sigillo purpureo raffigurante tre falci di luna congiunte lungo la parte convessa]
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Scricchiola questo ramo sotto il mio peso, eppure è troppo grosso, non può spezzarsi, non deve... sono sicuro che può reggermi... eppure... spero che almeno nessuno abbia sentito... non voglio che mi vedano. Voglio stare solo io, sì... voglio che si muovano come non ci fossi, come se non li guardassi...non ho bisogno di loro io... posso stare benissimo da solo... al massimo penseranno che il cavallo qui sotto ha strattonato i finimenti... ma sì... non baderanno, hanno sempre da fare... figuriamoci oggi che c'è lui. Già... lui, forse dovrei stare con lui, mostrarmi riconoscente... dopotutto è sempre mio padre, e mi ha portato questo splendido regalo... un puledro dal manto come la notte più scura e dal crine di luna...non ne avevo mai visti di così, scalpita, si agita... sembra voler scappare... come lo capisco... ma non può, non deve! Lui è mio! MIO! Appartiene solo a me e non permetterò che nessun altro lo tocchi... nessuno...

[Una figura si muove sotto l'albero, un bimbo, abiti poveri che coprono il corpo magro, la pelle candida delle braccia in parte scoperte, neri e lucidi capelli arruffati che ricadono in parte sul volto, nascondendolo. Tituba, o forse trema la piccola mano mentre viene allungata per sfiorare il fianco dell'irrequieto animale. Il ragazzino si raddrizza sul ramo, si socchiudono le palpebre a render lo sguardo di quegli occhi grigi torvo, le nocche quasi illividiscono per la presa sul legno che muta in spinta allorchè egli salta giù dall'albero. Un tonfo sordo accompagna il cozzar delle suole degli stivali in terra, le dita della mancina toccano il suolo sporcandosi della polvere levata dall'urto, le gambe flesse ad ammortizzare il colpo prontamente raddrizzate a riportarlo ad una postura eretta, i capelli biondi sottili e leggermente lunghi sulla nuca ricadono scompigliati in parte fluttuando ancora attorno al capo sollevato con aria battagliera, la frangia che disordinatamente cela la fronte aggrondata]

"Cosa stai facendo, ladro di cavalli?! Cerchi forse di sottrarmi ciò che è mio? Ti farò fustigare!!! " così, sì... deve suonare dura la mia voce, voglio la sua paura... nessuno tocca ciò che è mio, nessuno! Come si permette questo moccioso di allungare la mano verso il mio regalo? Me la pagherà... sì... sono io il padrone qui...è solo un inutile contadinotto lercio e... trema... i suoi occhi sono... blu... mai visti occhi come quelli, ha... ha catturato il... non lo so... gemme sembrano così lucide... che... cosa fa adesso si nasconde? Piange? Proprio un bambinet...

[il corpo del bambino s'affloscia come svuotato dalle energie, poche, che ancora lo sorreggevano e il ragazzino scatta compiendo qualche passo di corsa per poi chinarsi su quel corpicino apparentemente privo di conoscenza. Paura nei suoi occhi, preoccupazione che hanno spazzato via la rabbia che lo attraversava solo qualche istante prima. Non c'è posto per essa ora. la mano tocca la fronte bollente del bimbo e scivola poi sulla guancia, su quella cute arrossata e leggermente umida di sudore. Passa il braccio sinistro attorno a quelle spalle esili e lo tira a sè, le ginocchia appoggiate a terra su cui la parte inferiore delle membra del pargolo vengono issate, il braccio destro che si insinua sotto le sue gambe per poi tirarlo verso di sè. Barcolla pericolosamente mentre tenta di alzarsi in piedi con quel fardello forse troppo grande fra le braccia]

Non morire... non morire, non morire non morire! ci penso io a te adesso... starai meglio, guarirai... starai bene vedrai... ci penso io a te e... non ti preoccupare ti porto via di qui... Deve riprendersi, deve... deve stare al caldo...e... deve riposare e mangiare... ti prego fa che si riprenda, fa che possa rivedere i suoi... chissà chi è e io l'ho maltrattato così e... non può stare così male... non è colpa mia...devo fare qualcosa...loro non capirebbero, non lo accetterebbero ma... non posso lasciarlo qui, non posso è...

[respira affannosamente il ragazzino mentre spreme dalle proprie membra quanta forza ha per accelerare il passo attraverso la corte aggirando il mastio centrale ed il portone d'ingresso tagliando per il minuscolo orto delle erbe prima d'entrare dall'ingresso delle cucine, incurante di sguardi e bisbigli degli inservienti ben lungi dall'ostacolare il suo incedere. Si muove esperto lungo il dedalo di corridoi, incespicando nella penombra, urtando la nuda parete di pietra con la spalla, di quando in quando, il capo del bimbo spostato in avanti a premere contro il proprio torace coperto dalla camicia bianca, schermato dal dorso della propria mano. Una spallata è riservata anche alla porta della propria stanza che s'apre e chiude sbattendo, ruotando rapida sui propri cardini fin troppo oliati. Lo adagia sul letto con cura prima di accasciarsi sul pavimento. Uno strattone alle coperte, atto certo poco gentile ma che gli consente di portarle ad avvolgere il corpicino. Si siede malamente a gambe incrociate e rimane a fissarlo]

Cielo fa che si riprenda... non può essere così grave... cosa, cosa posso fare? Se lo svegliassi? e se non si svegliasse... no...

[Rimane accucciato accanto al letto, scorre il tempo sotto il suo sguardo fisso a quel volto di bambino, per il sino la sequenza regolare di inspirazioni ed espirazioni pare essersi rarefatta a sottolineare l'attesa, le mani stringono l'orlo della coperta scura in maniera quasi spasmodica, i denti torturano il labbro inferiore portandolo ad arrossarsi visibilmente. Un sussulto quando il fanciullino riapre gli occhi ed uno scatto quale mai è stato mosso per esaudire la sua richiesta fatta con voce tanto fragile da sembrar sul punto di svanire da un momento all'altro. Tremano le sue mani mentre riempie la coppa d'argento d'acqua, fino all'orlo, versandone parte anche sulle proprie dita]

"Tieni" qualsiasi cosa... ma guardami, dimmi che sei cosciente... che va meglio... dimmi chi sei e cosa fai qui... parlami... " vuoi qualcos'altro" non mi importa se non approverebbero... non ho paura io... non ho paura che se la prendano...che mi puniscano... è giusto così... magari non se ne accorgono, magari trovo il modo di farlo restare... uno sguattero in più..Certo non gli peserebbe ma...

[accosta il calice alle labbra del bambino, lo osserva bere, lo studia, apprensivo, lo sostiene con un braccio palesando così tutto il proprio timore di vederlo nuovamente accasciarsi privo di sensi. Parole sconnesse, poche frasi scambiate a bassa voce. Il ragazzino sa cosa teme, il bimbo forse è solo privo di voce. Scorre il tempo, minuti, ore... ]

"voglio farti vedere una cosa" che nessuno mi senta, voglio che veda... lui magari capirà, lui non lo dirà a nessuno, ne sono sicuro... custodirà ilmio segreto... lui vi sarebbe piaciuto madre, io lo so... a lui lo posso raccontare... è così bello... non potrà non apprezzarlo... scintilla eppure è opaco... una scheggia di luna... "guarda... non è splendido? Era di mia madre... Loro non vogliono che io abbia qualcosa di suo ma io me lo sono preso... non possono togliermelo... è il mio segreto, il mio più grande tesoro..."

[sorride il ragazzino aprendo le mani a coppa alla vista del bimbo, in esse una pietra, un ciondolo ovale in cui è incastonato un opale dai riflessi iridescenti scintillanti nella penombra della camera, il candore di base che risalta come fosse composto della stessa materia delle nubi. Brillano i suoi occhi grigi, mentre fa per allontanare l'oggetto, restio a consentire che l'altro lo tocchi. Rumori in fondo al corridoio, rapidi, voci concitate. La mancina scatta a racchiudere la pietra, ponendola nella mano del malato]

"Tienilo tu, non devono vederlo, nascondilo! Me lo ridarai!"

[parole sussurrate in fretta prima che la porta venga spalancata e nella stanza entrino cinque persone, i nonni, il tutore, il padre e una donna vestita poveramente. Un urlo di rabbia ed orrore "Azrael!" una sequela d'umiliante improperie, il gesto violento che impone l'offerta del dorso delle mani su cui crudele s'abbatte lo scudiscio di chi dovrebbe educarlo. Un urlo di gioia e sollievo da parte della donna che si getta ad abbracciare il proprio pargolo, che lo prende fra le braccia piangendo e se lo porta via. Una gragnuola di colpi alla flebile protesta del ragazzino]

"Lasciatelo rimanere...Signore, Vi prego..." brucia, fa male... perchè sono arrivato a questo? Non mi importa...non voglio essere di nuovo solo, non voglio me lo portino via... si prendano pur tutto ma lo lascino rimanere... restare con me, Non voglio vada via così presto... Vi prego no... non così... però... perchè? Perchè a me la punizione e a lui quell'affetto? Perchè nno posso averlo anch'io? Non è giusto io... perchè un servo può essere amato più di me? Perchè?! Non è giusto! No!

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Figlio del vento del Nord dove corri nella bufera?

Arranca stanco il tuo cavallo attraversando il campo, punto di tenebra nella bianca distesa in cui il passo affonda, sul bianco sudario che ammanta la terra. Un miglio avanti e un altro, e un altro ancora dove il confine scolora. Nell'ululare feroce del gelo che cruento s'abbatte sulla grande pianura, ghermisce strattona vesti troppo leggere; fragili, troppo, le tue difese, per poter sfuggire.

Figlio del vento del Nord dove ti porta questa bufera?

Troppo lontano da quelle mura, dalla fiamma nel focolare che scalda l'aria e spezza il cuore come un abbraccio senza amore, troppo lontano da quelle pietre protettrici del corpo dal fortunale, troppo lontano per poter ritornare dove chi ti cerca non ti vuol certo salvare.

Figlio del vento del Nord che cosa cerchi in questa bufera?

Davvero la forza per poter scappare, per lavar via questo dolore, questo orrore muto che nello sguardo si legge che scivola col sangue sul tessuto inzuppato, dalla neve, dal pianto incrostato dal gelo, a te aggrappato come se tua fosse quella ferita e non sull'uomo che ti aveva allevato, figlio di figlia, figlio del peccato.

Figlio del vento del Nord che cosa vedi nella bufera?

Cosa fuggi dietro alle palpebre chiuse? Lo scintillio della lama nella tua mano, l'odio feroce che acceca e divora come gli azzurrati cristalli che aderiscono al viso che alle ciglia si aggrapano come polvere di stelle, come il freddo pungente che lento addormenta, l'inbriante profumo della paura la sua luce inquietante in chi vede calare su di sè l'ombra senza ritorno e neppur il tempo ha di pregare.

Figlio del vento del Nord perchè cedere a questa bufera?

Davvero non possiede più valore la tua così giovane vita, davvero l'esistenza strappata a chi per breve tempo soltanto ti è stato amico fedele, unico vero compagno, la perdita di quel rifugio, l'unico, il solo, scrigno di sogni mai davvero concessi, la colpa per l'abbattersi su di essi della Falce Nera, ancora tua, sempre tua. Cadere ora non fa così male e forse quel tocco lieve è ancora la carezza vellutata di una madre, forse quel sonno appena turbato dall'ultimo nitrito esalato ad una volta celeste occultata da nubi, indifferente specchio di una divinità lontana porterà la quiete tanto agognata.

Figlio del vento del Nord sei tu nella bufera?

Tu, piccolo fragile fanciullo steso contro qulla carcassa scura, tu eterea creatura assopita nel niveo deserto di quest'alba appena spuntata, capelli d'oro come l'aureola di un santo sparsi a coprir il tuo viso arrossato e quella purpurea linfa che ancora ti tinge sarà forse il tuo ultimo marchio, epitaffio di rubino, si dissolverà pian piano come la bruma nel sole del mattino.

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[Solo, nella stanza avvolta da una calda penombra aranciata il fanciullo giace in ginocchio ai piedi del letto sfatto, il corpo magro, pallido coperto solo da un'ampia camicia dallo sbiadito color crema, troppo ornata e troppo ampia; essa scivola su di una spalla esile scoprendo in parte la scapola destra sulla quale ridiscendono come fili d'oro colato disordinati ciuffi di capelli, tremano le mani delicate congiunte dinanzi alle labbra sottili, troppo rosse, umide, l'inferiore segnato da tracce violacee, il superiore imperlato di gocce di stella, sudore che ancor i residui di febbre generano in quelle membra troppo fragili, occhi lucidi, pozze di dolore argentato, liquidi come mercurio fissano sgranati la parete dinanzi a sè, la tenue macchia che su di essa s'allarga. Breve il respiro, flebile il verbo che con esso fluisce mentre a fatica i gomiti, puntati sulle coltri disordinatamente ammucchiate, sostengono la schiena in posizione eretta]

Madre...
Pagare, pagare il prezzo della salvezza, di questa vita che volevo, o che non volevo... non lo so, non lo so più... Ma non la voglio, non la voglio più, non così, non a queste condizioni... ogni istante come un'eterna tortura con questa luce che mi ferisce gli occhi, calda ambrata come carne, la pelle, che non è la mia... estranea, soffocante quanto l'odore rancido del sudore, della malattia... quella finestra sempre chiusa, tende rosse... fingono opulenza ma c'è solamente depravazione, trasudan grasso e grida queste pareti... mettono i brividi... ho così freddo e invece fa così caldo qui...veli e velluto, abraso sgualcito... non è com'era lì... è la miseria questa, non dei contadini, non dei pastori che intravidi nella steppa... mi pare sian passati secoli... è una miseria che nasce dentro, che scava fosse brulicanti vermi e non lascia niente...niente... Portatemi via, portatemi via di qui... Madre salvatemi...Bello, dicono che sono bello, dicono che ho i capelli come il sole che nasce e gli occhi come la luna... dicono che sono un fiore... dicono... sono osceni, sono orribili... non c'è notte, non c'è giorno, non c'è pace mai, MAI! Non voglio essere così, non voglio... deve finire, fateli smettere... liberatemi, in qualsiasi modo ma liberatemi... prendetemi con Voi... io non posso, non posso più stare ad ascoltare quella voce rauca cantilenare parole melense che a stento riesco a capire, non posso più ingoiare spezie lacrime e fiele, non sopporto più questo fumo denso questo sentore d'incenso viscido come un serpente, stringe la gola forte, ma non abbastanza da non sentire più...
Cancellate il ricordo, cancellate l'orrore, cancellate tutto questo. Vi prego.
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[un foglio di pergamena sgualcito giallastro e malamente polito su cui il tratto irregolare della penna lascia sbavature di parole affastellate su righe irregolari assiepate a divorare lo spazio libero che quel foglio loro concede, qualche chiazza, qua e là, ad indicare dove la piuma d'oca ha visto la propria punta soggetta ad eccessiva pressione incrinarsi.]

L'ho visto cadere, l'ho fatto cadere... ho visto i suoi occhi, la sua espressione, lui sapeva: Sa peva e lo ha accettato. Intollerabile! Intollerabile che la cosa ancora mi tocchi! Eppure...era come se se lo aspettasse, e forse sono stato troppo prevedibile, forse questo mio ritornare da lui, dopo quello che era successo, conoscendo l'odio che mi fregia come un'onorificienza era di una motivazione sin troppo palese. Lo ha accettato...lui, l'uomo altero che così poco c'è stato nella mia vita. lui che non ha fatto nulla per salvarmi dall'abisso...eppure poteva, io lo so che poteva! Perchè allora mi sento così?! Perchè non riesco a gioire di questa mia vendetta??
Ricordo la prima evasione che tentai da quel mondo, la mia disubbidienza, ricordo le nottate di bambino passate a leggere su quei tomi polverosi cose di cui a stento capivo il senso. Affascinanti... prima era solo il gusto per il proibito, l'orgoglio di poter infrangere le regole senza essere preso, il piacere intrinseco di sottrarre all'orrido vecchio questi suoi oscuri segreti...Credevo di impadronirmene solo per gioco, ed invece essi si sono impadroniti di me, una rete d'ombra che è riuscita a catturare le mie fantasie e curiosità di fanciullo, che ha attirato a sè i miei studi ha alimentato la mia brama di conoscenza...ne volevo di più... ricordo come li cercavo...nei giorni in cui ancora mi era dato di muover per la regione sotto il governo del vecchio, di come il denaro datomi per soddisfar quelle che eran ritenute "puerili voglie" certamente non negabili a chi ha dalla sua il sangue nobiliare, finissero nelle mani di santi monaci perchè io potessi acceder ai loro scrittoi, alle biblioteche... la mia fuga ha portato come sola cosa buona l'aumento del mio spazio di ricerca...certo non una consolazione...
Non è stata consolazione nemmeno questa però, non c'è stato piacere nel vedere il suo ultimo sguardo quando il mio scudiscio s'è abbattuto sulla coscia del suo stallone. Fianco a fianco, su quell'unica zona sassosa. Il punto giusto, il momento giusto... lo sapevo io, lo sapeva lui. Con quello sguardo mi ha detto addio, non ha fermato il cavallo, eppure ancora avrebbe potuto tentare, la cinghia forse avrebbe retto per quell'istante in più...se la mia mano ha tagliato la cinghia è stata la sua a stringere quella fredda della Nera Mietitrice...per tutti sarà colpa mia...eppure... io e solo io so che aveva ancora una scelta. Non mi ha mai amato, e allora perchè? Che ci fosse dell'altro? Madre mia... sono passati 14 anni da quando vidi la luce e per quanto tempo mi è dato di ricordare mi sono sempre chiesto perchè hai concesso il tuo amore a quell'uomo... non ho risposta ancora, non avrò occasione di averla più, eppure ora è nato questo dubbio... Nei suoi occhi ho visto i miei, lo stesso colore...un eguale dolore forse... e forse, con lui... è morta anche una parte di me.
Non ha importanza. Ciò che ero è morto quel giorno nella neve, dove sarei dovuto perire... quel che resta muoia pure così, avrò la mia vendetta... pagheranno...TUTTI!
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[ancora una pergamena, la pelle screpolata dal calore e dalla sabbia, essicata al punto che quando il filo sporadico di vento la sfiora essa scricchiola come fosse in procinto d'infrangersi in una miriade di schegge, la scrittura precisa e regolare seppure ancora una volta angolosa mostra la meditata calma con cui il cartiglio è stato vergato.]

Notte, notte ancora una volta, una dopo l'altra in un fluire lento, ne perdo il conto... sempre più spesso... eppur è l'unico momento di pace, l'unico di refrigerio...l'unico in cui questa maledetta terra coperta solamente di sabbie dal bagliore accecante io possa ritrovare i frammenti della mia terra, se mai quella terra è stata mia...il freddo... non è come lì, nulla lo è...nemmeno lo stesso cielo, troppe stelle qui, a formare disegni diversi a dirmi ancora una volta quanto sono distante, quanta solitudine c'è... perchè pesa proprio ora...perchè proprio mentre l'opera sta per essere compiuta? Sono rimasti in pochi, sono terrorizzati... ho sentito delle voci, l'ultima volta, passando per uno dei villaggi... dicono che la mia strada è nel sangue... dicono che con questo mio nome mi hanno maledetto... niente di più vero... cosa pretendono dunque? Portatore di Morte mi hanno voluto, ed ora mi hanno secondo i loro desideri... non saran certo quelle lacrime prive di sentimento a lavare la loro onta...Corrode...quest'aridità entra dentro, fa bruciare quella vecchia ferita, quella cicatrice... la prima... il marchio dell'infamia per sempre nella mia carne... essica quel poco che resta, lo fa apparire così effimero... quanto dista la soglia dell'oblio? Fatico a volte persino a ricordarmi il mio scopo... lasciarmi travolgere... questo è tutto quello che vorrei, opporre minore resistenza, abbandonare gli studi, abbandonare la difesa di me, di ciò che sono, e alimentare per questa volta, l'ultima, con la mia linfa vitale questo stramaledetto suolo... che ne nasca qualcosa di buono almeno per un istante... come un'oasi... che la mia morte sia vita così come la mia vita è stata morte...
Non posso, non ancora... quando sarà tempo, quando questo peregrinare sarà concluso e questa sete appagata... quando il pellegrinaggio alle avite terre non avrà più ragione d'essere... quando l'intero ceppo, sradicato, giacerà divelto al suolo, allora potrò riposare.

_______________________________________________________________________________________________________

Ed è così che, perso in un orizzonte ignoto, camminava guardando lontano e il lento sgocciolare del tempo lo accompagnava come una nenia triste che il secondo cantava al secondo. Aveva i capelli di sole, ma il sole non era più, non più nei suoi occhi, non sul suo viso chiaro, non su quelle labbra che da molto ormai non pronunciavano parole. Tremava la verde foglia sotto il suo passo stanco e il divorante eco dell'autunno portava seco un tacito vento che lontana risucchiava la vita. Avrebbe voluto fermarsi e guardare compiaciuto le rovine ch'egli aveva costruito spezzando e divorando ciò che a sua volta l'aveva spezzato e divorato, a lungo. Ma nulla avrebbe portato quello sguardo se non la seducente vertigine di un vuoto baratro nero e lui, equilibrista sul frastagliato margine della follia, sarebbe caduto. Lo sapeva e perciò non guardava; da qualche parte fra quella carne e quelle ossa una vermiglia scintilla di vita ancor alimentava il ridondante battito di un cuore. E quel cuore non voleva morire, non così, non ancora. Quanto sarebbe stato facile aprire le braccia e lasciarsi scivolare via, tanto impetuosa era la corrente di quel dolore a lungo represso, quanto sarebbe stato dolce l'oblio di sè stessi, la dimenticanza più pura nel fluido risucchio di una tenebra d'indaco velluto. Non avendo più ali per volare, perchè non cercare altrove il proprio paradiso? E se poi era l'inferno quello che con il suo basso sussurrare di torrente lo irretiva attirandolo a sè, avrebbe davvero potuto essere peggiore di quanto non fosse il calcare quell'arido terreno? Sterpi secchi spogli alberi di tiglio ed un'infinita distesa di terra brulla sferzata da quel vento del Nord che sapeva di casa, se casa era mai stata. Tornava la mente alle distese di neve, spesso, ed ogni segno altro non era che ricordo; forse mai non le abbandonava, rinchiusa come un passero fra sbarre di ghiaccio adamantino che la preservavano dalle ingiurie del presente, che annullassero il dilagar degli anni, sulla sua pelle, su quelle mani da cui l'innocenza era stata lavata via col sangue. Forse troppo. Quanto di quel liquido scarlatto era suo pur non essendolo S'essicava piano come le ultime foglie e il primo fortunale violento l'avrebbe reciso portandolo via.

Richiedo la riconferma della skill CONOSCENZE ARCANE Liv. 1 e il riconoscimento, in accordo con quest'ultimo, della parentela con DEMIAN (fratellastro).

Ringraziando anticipatamente per la vostra attenzione e pazienza mi rimetto alla vostra decisione. [SM=g27823]

---In questo carcere fumoso per martiri dalla voce rotta dal pianto...
Voi, anime innocenti, tingete il libro sacro di scarlatto...
Muori sorridendo con un bacio del dio della Morte ---

06/12/2006 04:54
 
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Perdona la lunga attesa, le richieste di visionare e approvare bg e skill sono innumerevoli e noi addetti ad essi ben pochi, porta pazienza.

L'ampliamento da te portato è molto piu' ampio e descrittivo sulla figura di Azrael e sulla sua personalita' seppur non trovo il collegamento tra il tuo pg e Demian anche a livello di storie narrate, ma essendo la tua storia dei tempi in cui i bg dovevano essere stringati riassunti e quant'altro, credo di poterti concedere anche la parentela che pero' avrei piacere mi dicessi di chi sarebbe figlio Demian fra i due genitori di Azrael ( ipotizzando che il ragazzino che il tuo pg raccolse da fanciullo e a cui rimase l'opale sia Demian che rispecchia la descrizione e porta con se l'oggetto).

Pertanto dichiaro:

BG AMPLIATO + SKILL APPROVATI

Riconosciuta parentela con DEMIAN



Riassumendo:

Conoscenze arcane liv. 1


Karma 19731

Skill: 1 di 7 --> step in eccesso 6

P.S Ti conviene aggiornare la scheda in avalon :

1) non essite piu' la skill guarire che il tuo pg possedeva e non è convertibile

2) la dicitura "ha occhi grigio-argento simili a quelli di un rapace " al momento per evitare confusione non si accetta piu' la dicitura occhi d'argento non almeno nel bg sia per i pg nuovi che i vecchi, in role quando e quanto vuoi puoi usare simili espressioni poetiche, in scheda ti invito a tenere solo la dicitura grigi [SM=g27817]


Attendo tue notizie in riguardo alle origini di Demian solo a titolo di chiarezza augurandoti buon gioco e buon lavoro [SM=g27823]


Lady Sydia

Gran Maestro d'Accademia

°°Console Mediterraneo °°




ALIAS

master Kami_Sama



06/12/2006 08:47
 
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Capisco perfettamente l'impegno che questa sezione debba costituire quindi non scusarti, sono io anzi a doverti ringraziare per la relativa solerzia.

Veniamo a Demian. Demian è il secondo figlio naturale del padre di Azrael. Nato da una relazione con una delle serve del palazzo non ha ovviamente ereditato nulla del prestigio e degli onori del padre che tuttavia s'è premurato di fornire a sua madre un vitalizio che consentisse a lei e al bambino una vita accettabile.
L'episodio riportato vede Demian giungere malato nella casa ove Azrael vive in quanto il padre si trova lì e la madre, preoccupata per lo stato di salute del piccolo, l'ha portato dall'unica persona cui poteva chiedere aiuto.

Per quanto riguarda la scheda provvederò con solerzia a modificarla.

Buon proseguimento [SM=g27823]

---In questo carcere fumoso per martiri dalla voce rotta dal pianto...
Voi, anime innocenti, tingete il libro sacro di scarlatto...
Muori sorridendo con un bacio del dio della Morte ---

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