“Sono nata in una fredda notte d’inverno, in una foresta che gli Alti sono soliti chiamare “Taiga”. Strana abitudine della gente alta, quella di dare nomi ad ogni cosa.
Mia madre lo diede solo a me, penso più per distinguermi dai miei sette fratelli che per particolare vezzo. E mi chiamò Leia. Credo che avvenga anche fra gli Alti, crescere essendo la più piccola e l’unica femmina ha effetti strani sul carattere. Io crebbi un po’ isolata, non tanto per il disprezzo dei miei fratelli, ma piuttosto per il semplice ma immutabile fatto che l’educazione delle femmine nella gnomica gente è nettamente e rigorosamente separata.
E così, mi ritrovavo a fare lunghe camminate solitarie nella foresta, fredda d’estate, gelida d’inverno.
Imparai a vivere l’essenza della natura e ad apprezzare la grandezza e la bontà di quella che i miei genitori con tono rispettoso chiamavano “Madre”.
A dire il vero, chi era questa “Madre” io non lo capivo, però il bello della vita è anche arrivare alla comprensione per tappe intermedie…ed io, di tappe, ne avevo parecchie davanti.
L’inverno delle mie terre è lungo, accompagnato da giornate in cui il Sole appena appare, giusto a ricordare la sua esistenza.
Poco opportuno è per le piccole creature della mia gente, andarsene a spasso nella notte artica. E così come avveniva d’estate, anche d’inverno restavo sola nelle grandi camere sotterranee ricavate nella base della Quercia, ossia quella che per 35 anni gnomici io chiamai “casa”.
Mio padre si chiamava Shakar, ed era un alchimista…nessuno sapeva quanti anni avesse ma certo aveva vissuto abbastanza per imparare a fondo tutta quella serie di connessioni che legano la natura alle sostanze inorganiche.
Non ho molti ricordi di lui…o meglio ne ho tantissimi, ma sono tutti uguali. Lui, chino sulle sue provette e circondato dai suoi alambicchi, intento a cercare quello che nessuno aveva mai trovato…l’oro dal metallo.
Ebbene sì, io sono figlia di uno di quelli che penso la storia chiamerà sognatori, vaneggiatori o anche solo pazzi: un’alchimista. Uno gnomo che fece della Pietra Filosofale la sua vita.
Mio padre visse a lungo, ma non abbastanza. Nonostante io abbia passato con lui nel laboratorio mesi ed anni, poco imparai…giusto le basi della chimica e dell’erboristeria.
Sciocchi Alti popoli…davvero mi fa strano ora esserne parte…
Cinque anni mancavano all’età in cui avrei potuto maritarmi, quando quella che era sempre stato un luogo di silenzio e pace divenne il teatro della stupidità degli Alti.
Da un lato Nani, il popolo famoso per l’ira e per quella bevanda dorata e amara che son soliti chiamare “birra”.
Dall’altro Elfi, popolo di millenaria cultura…ma non per questo esenti dai difetti che la loro statura comporta.
Ed in mezzo, noi, Gnomi, indifesi e invisibili. Schiacciati dal conflitto, fuggimmo via.
Era notte, ricordo grida e scoppi, e bagliori di fiamme intorno a me. Ricordo i miei occhi umidi, le urla di mio padre che ci incitava ad andare avanti. Poi di colpo, dietro a me una grande luce, quasi io fossi la collina dietro cui sorge il sole.
Non so quello che accadde…come al giorno succede la notte, a quella luce per me seguì il buio.
Non mi è dato di sapere quanto durò quel sonno…so solo che quando la luce ritornò nei miei occhi, solo il rumore di legno scricchiolante udivo attorno a me.
Ero ancora fra la mia gente, ma al tempo stesso non erano loro. Gnomi sì, ma nessuno che io conoscessi. Della mia famiglia, restavo solo io.
A quanto pare ero stata tratta in salvo da morte certa da qualcuno, ma non seppi mai nemmeno chi ringraziare…anzi all’epoca penso che nemmeno l’avrei ringraziato, l’avrei odiato con tutta me stessa e, vi assicuro, è difficile che una gnoma sia in grado di provare simile sentimento.
Ora e solo ora so di che grande dono sono stata investita…ma si sa, per apprezzare qualcosa di prezioso, è necessario avere la maturità…e quella, si acquisisce solo col tempo.
Viaggiammo a lungo verso sud, ma il fato aveva deciso di accanirsi sul mio Popolo con particolare cattiveria…pare che persino per lui sia più facile prendersela coi piccini.
La mia nave venne colta da tempesta ed io, schiava di quella curiosità che, come diceva mia madre, mi avrebbe portato alla morte prima o poi, volli salire a vedere com’era.
Ricordo un’onda, i miei piedi che sotto non trovarono più il rigido supporto del legno del ponte…poi un duro urto, roccia contro carne di gnoma, non certo un bel binomio.
A quanto pare la “Madre”, cui ero tanto devota, aveva altri programmi che non quello di trasformarmi in una patella.
Quando fui di nuovo padrona del mio corpo, che lividi a parte funzionava bene, intorno a me solo nebbia. Nebbia ? E che strano clima, così caldo rispetto a quelli cui ero abituata.
Ero dunque giunta nei caldi paesi di cui parlavano le storie che mamma ci leggeva per farci dormire? Era quello il famoso “Sud”?
No, ancora una volta mi sbagliavo, ma andiamo con ordine.
Non camminai molto per arrivare in una bizzarra foresta. Dico bizzarra, perché mai in vita mia avevo visto nulla di simile. Fiori dai mille colori, uccelli variopinti capaci col loro canto di eguagliar anche il musico più abile, alberi dalle foglie di mille sfumature di verde. E quell’aria tiepida, che mi accarezzava senza accaldarmi e senza farmi rabbrividire.
Dov’ero finita ? Fu un Alto a fugare queste mie curiosità, un Alto che in qualche modo era lì per segnare il mio destino. Lo incontrai lungo il sentiero, si identificò come Ser Zephir.
Strano nome pensai, ma istintiva fiducia in lui mi diede il fatto che una civetta, animale sospettoso e riservato, fosse a lui così affezionata da servirlo fedelmente.
Una civetta al servizio di un Alto ? Beh sì strano concordo ma ora so che non è poi così anormale.
Quello che accadde dopo è la serie di fatti per cui io sono quello che sono.
Anche in un posto pacifico come Avalon la stupidità degli Alti non ha confini. Vi sono nobili uomini chiamati “cavalieri” che stranamente paiono difendere gli stessi valori che furono inculcati a me: tra essi, uno su tutti l’onore.
Tra essi, devo la vita a ser Actar, le conoscenze di spada a Lady Yuna e il saper vivere in queste lande a ser Zephir.
Ma, dall’altra parte del lago, nella città di Barrington, vivono degli Alti con strane idee tutte loro. “Caos” è quel che oppongono all’onore.
Tra di essi, una strana donna dalla chioma rossa mi vorrebbe morta…vai a sapere perché. Sciocca, quando mi minacciò fu Actar a salvarmi…ma ora…ora avrò la mia vendetta.
Già perché qualcosa è cambiato. Troppe angherie, troppi torti il piccolo popolo ha subito perché la Madre potesse rimanere a guardare.
E così, un giorno che particolarmente affranta mi sono ritirata sul Tor, una strana nebbia mi ha avvolto…non penso dirò mai a nessuno cosa accadde là dentro ma, una volta che tutto fu concluso, quel che Leia era non è più…al posto della piccola gnoma indifesa, ora c’è una Alta.
Sì lo so è strano…nemmeno io me ne capacito…ma sono una Alta. Almeno, nel corpo. Certo ho perso quel fine olfatto che mi permetteva di assaporare ogni fragranza della foresta. Ho perso la facoltà di vedere come nel giorno anche di notte.
Ma questo è poco danno, gnoma sono nel cuore e gnoma morirò…ma il corpo degli Alti permette cose straordinarie…aprire una porta da soli, sedersi ad un tavolo con altri Alti e, soprattutto, mettere mano alle armi affinché nessuna persona cui voglio bene si faccia male.
Certo, gli Alti sono strani…ho la sensazione che i loro usi differiscano dai miei…mangiano in un posto che si chiama “bettola”, mi parlano di cose strane tipo “amore” e alcuni soldati mi hanno definito persino come una bella volatile di sesso femminile…vai a capirli questi Alti.
Ma ora, che sono Alta, metto le mie 3 spade al servizio del piccolo popolo. Nessun indifeso subirà quello che ho subito io fino a che vivrò…parola di Leia delle tre spade.
Il pg parla il linguaggio gnomico
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Skill:
conoscenze naturali liv.1
affinità con la natura liv.2
[conversione avvenuta in tal modo per richiesta del player]
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1 step in eccesso
[il pg potrà scegliere se spendere gli step in eccesso aumentando i livelli delle skill che possiede o se richiedere nuove skill][Modificato da Venu$ 31/03/2006 1.58]