L'idea centrale, quella dell'insonnia di cui soffre il vecchio poliziotto a fine carriera, era originale e coinvolgente. Anche la scelta di ambientare il film in una remota cittadina dell'Alaska nella stagione in cui il sole non tramonta mai, sembrava uno spunto suggestivo.
La bravura di Al Pacino, anche quando gigioneggia masticando l'insopportabile chewing-gum, è fuori discussione. La presenza di Robin Williams era un altro elemento di richiamo.
Eppure questo film piuttosto che all'insonnia, porta alla sonnolenza.
La trama è scontata, la suddivisione dei ruoli tra buoni, semibuoni, corrotti, semicorrotti e integerrimi, è banale. L'inchiesta poliziesca sull'assassionio efferato di una ragazza di diciassette anni, procede senza suscitare emozioni; e l'altra inchiesta parallela, quella morale che il protagonista conduce su se stesso, è di un pasticciato e disarmante semplicismo.
La figura della giovane detective, una Hillary Swank destituita di ogni seduttività (ma questa deve essere una dote di natura), risulta uno stereotipo senza spessore e senza anima. E il film non decolla mai. Al Pacino trascina le sue rughe dall'inizio alla fine con professionale svogliatezza. La presenza di Robin Williams, calato poco credibilmente in un ruolo dark, è quasi un (malinconico) naufragio. La regia di Christopher Nolan, formalmente elegante, è del tutto scolastica.
Forse, tanto per consolarsi dei soldi spesi per l'acquisto del biglietto, si possono salvare i bei paesaggi di roccia e di acqua della sperdutissima Alaska, una certa delicata capacità di trasmettere il clima di noia, di stanchezza e di estenuazione che pervade le notti bianche del grande Nord e una battuta:
"Tu sei per me un mistero come può esserlo un cesso otturato per un idraulico".
Involontariamente, inventando la battuta, lo sceneggiatore ha scritto anche la recensione del film.