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NERA

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2004 20:08
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25/02/2004 16:27
 
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Cari amici vecchi e nuovi, ho pensato di postare qui un "giallo comico" diviso in sei capitoli; anche se non si tratta di un'opera voluminosa mi rendo conto che la sua corposità è desueta rispetto alle abitudini e ai ritmi tipici del classico Forum. Facciamo così: io comincio a postare di seguito i primi due capitoli (il primo è brevissimo) e aspetto le vostre reazioni: se saranno incoraggianti andrò avanti, altrimenti... bhè, andrò indietro. Cioè, non proseguirò con i successivi capitoli. Ok?


NERA – Capitolo primo


Se c’era proprio un settore del quale non avrei voluto occuparmi era quello della “nera”. Quando ho finito la scuola di giornalismo ero decisamente orientato verso la “sportiva”. Immaginavo di scrivere articoli pieni di ironia, pieni di poesia, come le grandi firme che amavo: il Brera, il Carlin. Al limite avrei gradito l’”estera”, per viaggiare un po’ e conoscere il mondo. E invece, dopo un passaggio in “politica”, proprio io che prima di occuparmene se mi avessero chiesto cosa si fa di solito a Montecitorio avrei risposto “si scia?”, mi sono ritrovato proprio qua, alla “cronaca nera”. Io poi sono anche facilmente impressionabile. Se fuori sento che è in corso una sparatoria, mi nascondo sotto al letto e ne esco solo dopo almeno ventiquattro ore. Va bhè, è il mio lavoro. Magari fra qualche tempo cambierò settore. Però adesso c’è questa maledetta storia del mostro, il serial killer di Genova: già tre donne ammazzate, tutte sui trentacinque anni, tutte molto belle. E quella strana questione degli orologi fermi: in casa delle vittime tutti gli orologi sono stati fermati all’ora presumibile dell’assassinio. Che vorrà mai dire? Mha! Al “Cittadino”, il mio giornale, è subito scattata l’emergenza, è pur sempre un quotidiano genovese, e in prima linea mi ci sono trovato io. Che poi, diciamo la verità, non è che mi dispiaccia: ho sempre avuto un po’ il pallino dell’investigatore e affrontando la vicenda in un certo modo, magari potrò persino divertirmi.
Porca miseria! Lo sapevo. Mi sono tagliato. Lo dico sempre che non bisogna pensare troppo mentre ci si fa la barba, si perde la concentrazione ed ecco qui! Non ho nemmeno un cerotto in casa, non c’è mai un cazzo di niente in questa casa. Forse ha ragione mio fratello: avrei proprio bisogno di una donna. Non che mi manchino, ma per adesso preferisco divertirmi. Chiederò alla vicina, ‘a sciura Gianca, la mia vicina di pianerottolo. Eh sì, lei, la Signora Bianca c’ha sempre tutto: cerotti, fiammiferi, sale, caffè, aglio, cipolle, basilico e rosmarino, e siccome gli sono simpatico non mi nega mai niente. Suono alla porta.
- Chi è?
- Sono il mostro! L’”orologiaio” in persona: son venuto a farle la festa.
- Ma va là…ché sono vecchia e brutta, non vado mica bene per quello là! Di cosa ha bisogno stavolta, dottor Picco?

Ha proprio ragione ‘a sciura Gianca, è veramente vecchia e brutta, ma è anche brava e generosa, in barba al suo essere Genovese da mille generazioni, e pure piena di pazienza, se riesce a sopportare un vicino di casa casinista come me. Poi l’ho detto, le sono simpatico. D’altronde è una mia caratteristica, sono simpatico a tutti, tranne che a uno: il Commissario Biagiotti, ma a quello credo non risulti simpatico nessuno.



NERA – Capitolo secondo


La notizia arriva in redazione all’improvviso, soffiata al telefono da una delle nostre “lingue profonde”, arriva in sordina in mezzo a tante altre: “tre rapine in centro; una rissa fra piazzisti di verdura a Sturla per questioni di corna è finita a peperoni e cipolle in faccia; arrestato un fabbricante di banconote false; ammazzata una donna a Cornigliano; per sbaglio eseguito trapianto di fegato a un paziente che doveva essere operato di appendicite; allarme tiene sveglio per tutta la notte un quartiere…..”
- Aspetta! Una donna ammazzata?
- A Cornigliano.
- Ho capito. Ma ammazzata come? Da chi?
- E che ne so io! Non lo sa nemmeno la polizia…
- Il mostro? L’orologiaio?
- Sembra di sì, da come l’ha ridotta: pare ci fossero schizzi di sangue sui lampadari, contro i vetri delle finestre, in tutte le stanze!

Ho un attimo di smarrimento, un leggero malessere, ma passa subito.

- Ma cosa ha usato per ammazzarla?
- Forse un’affettatrice elettrica, o una motosega. Strumento interessante. Mio fratello l’altro mese si è fatto una motosega.
- Che mi frega delle masturbazioni a motore di tuo fratello! Dov’è successo esattamente?
- In un magazzino, a Sampierdarena.
- Ma non era a Cornigliano?
- No, ti confondi: a Cornigliano hanno affettato una donna. La motosega mio fratello se l’è comprata a Sampierdarena, in un magazzino della……
- Ancora con ‘sta storia della motosega?! Di’ un po’, ma tuo fratello ce l’ha un alibi per ieri sera?
- Certo che ce l’ha, eravamo insieme alla bocciofila!

Mi precipito sul luogo del delitto….

Che schifo di frase fatta! Dovrei trovare qualcos’altro, tipo: mi reco di corsa dove hanno massacrato la donna…no, troppo terra terra. Cheppalle, mi tocca andare di malavoglia nel posto dove è avvenuto lo sbudellamento…ah no, no, troppo volgare! Oh insomma, andiamo sul classico e chi s’è visto s’è visto.

Mi precipito sul luogo del delitto e ci trovo un assembramento di gente. La notizia è già circolata. Appena entro nell’appartamento vengo investito dalla vociaccia e dall’alito (ha mangiato pesto con decisamente troppo aglio) del Commissario Biagiotti.
- Fuori! Fuori i fotografi!
- Ehi, non spingere Biagio, non sono un fotografo, non mi vedi? Sono Picco del “Cittadino”.
- Picco! Sempre tra i coglioni. E non mi dia del tu, gliel’ho già detto mi pare: poca confidenza, e stia al suo posto!
- Che pizza che sei…allora? La quarta vittima dell’orologiaio?
- Chi l’ha detto che è un orologiaio?
- Lo chiamano così, no? Scommetto che anche stavolta in questa casa ci sono solo orologi fermi.
- Lei sa troppe cose, Picco, stia attento che qualche volta la mando al fresco per chiarimenti. Com’è che mi arriva sempre sul luogo dell’omicidio? Fiuto d’avvoltoio? O conosceva il posto?
- Ottime fonti d’informazione, nonostante le apparenze. Allora, orologi fermi?
- Il mio va.

Sempre simpatico e gioviale il Commissario. Si usa dire a questo punto: “ma nonostante l’ apparenza burbera in fondo è buono come un pezzo di pane”. Non è questo il caso: il Commissario Biagiotti è proprio uno stronzo. Comunque gli orologi sono tutti fermi, come sempre, la donna viveva sola, aveva trentatre anni. E’ un delitto firmato, insomma. Chiedo di entrare in camera da letto: per scrivere il pezzo dovrò descrivere per bene il cadavere.
- Ma nemmeno per idea, via, via! Stiamo lavorando!
- Perché, io sto giocando a ramino? Anch’io son qui per lavoro, vhè!
- Se l’è voluta Picco, io ho cercato di evitarle la scena. Ecco: guardi.
- Mio Dio!
- Che frase del cazzo! “Mio Dio”! Certe frasi davanti a uno spettacolo come questo le dicono solo nei romanzi!
- Hai ragione, cambio espressione: porca puttana! Va bene così?
- Meglio.
- Ma che roba! Mi viene da vomitare…
- Io l’ho fatto poco fa.
- Ma…la testa? Dov’è la testa?
- Bho, non l’abbiamo ancora trovata! In questa casa c’è un disordine della madonna! Guardi che roba! Pile di piatti da lavare, tre dita di polvere sui mobili, abiti e scarpe sparsi ovunque, sangue schizzato da tutte le parti, che casino! Non per criticare, ma…
- In effetti…Ma avete guardato nel frigorifero? E nella tazza del cesso?
- E’ il primo posto dove ho guardato: la prima cosa che faccio quando entro in un appartamento è di andare a curiosare nella tazza del cesso.

In quel momento entra in camera l’agente Gianvicino tenendo la testa della donna per i capelli, con un’aria trionfante.
- Commissario, l’abbiamo trovata! Era sotto il divano del soggiorno. Deve essere rotolata lì quando gliel’ha staccata di netto.

Ci guardiamo sgomenti, trattenendo un conato di vomito. A essere pignoli sto trattenendo da un po’ anche una scoreggia: la Sciura Gianca ieri sera mi ha fatto un piattone di zuppa di ceci che era la fine del mondo. E’ davvero molto buona la zuppa di ceci, ma fa aria. Prendo appunti, facendomi forza, devo stringere i denti. E anche le chiappe.
- Dove è stato rinvenuto il cadavere?
- Un po’ qui, un po’ là. Anche da morta è una donna molto disordinata.
- Ma l’arma del delitto si sa qual è?
- Direi una bomba a mano…ma credo che ne abbia usate diverse. Il colpo mortale è stato sferrato alle spalle, con un’ascia. La stessa con cui deve averle poi mozzato il capo. Il delitto è avvenuto qui, in camera da letto.
- Ma la testa era di là, come ha fatto ad arrivarci?
- Bho! Ci avrà giocato a pallone. Se è per questo la gamba destra era in bagno e la sinistra sul tavolo della sala da pranzo. Non siamo alle prese con un mostro normale. Qui si tratta di un mostro mostruoso.
- E ora? Cosa pensi di fare?
- Di andare a farmi una mangiata di pasta con le sarde, è già quasi l’una e fra un po’ svengo dalla fame.
- Vuoi che ti faccia compagnia, Bia’?
- No! E la smetta di darmi del tu!

Torno al giornale, sinceramente non ho nemmeno un po’ di appetito, forse per via del mezzo chilo di focaccia di Recco che ho mangiato per strada venendo qui. Risalgo in macchina, tiro giù il finestrino e mi lancio ai 4 all’ora nel caos del traffico, finalmente posso anche scoreggiare in tutta tranquillità, lasciandomi andare completamente. Ecco. Mi sono lasciato andare troppo. Adesso mi tocca andare a casa a cambiarmi, dovrò fare una deviazione, con questo traffico arriverò stasera al giornale! Ma sì, non prendiamocela troppo, con quel che succede nel mondo.
Di quella casa mi è rimasto addosso qualcosa, non saprei dire cosa…
Ah, sì! Mi è rimasto addosso l’odore di pesce fritto che si sentiva nell’aria. Non posso starmene con le mani in mano. Devo iniziare anch’io ad indagare, è più forte di me. Ho deciso: mi metterò subito all’opera, comincerò a cercare una pista, attraverso i più minimi indizi…(i più minimi? Ma si può dire “i più minimi”? O è uno strafalcione? Massì, chi se ne frega!)… comincerò a cercare una pista, attraverso i più minimi indizi e lo farò da adesso.
Anzi, no. Lo farò a partire dal terzo capitolo, se no il secondo mi vien fuori troppo lungo.



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25/02/2004 19:47
 
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wawwwwwwwwwwwww

BELLISSIMOOOOOO se osi lasciarmi a bocca asciutta...giuro che...
veramente non saprei ma...lo giuro [SM=x142820]

scrivi daddio (non si dice ma ci vuole) [SM=x142838]
si legge in un soffio [SM=x142871]
spiritoso [SM=x142843]
le risate....[SM=x142832]

e vaiiiiiiiiii[SM=x142921]

Lucia [SM=x142909]

   
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26/02/2004 06:46
 
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Allora proseguo, eh? L'avete voluto voi! Tra parentesi, i capitoli sono sette, contando il breve capitolo introduttivo.


NERA – Capitolo terzo


Prima di muovermi è bene tirare le somme, rivedere tutta la questione analizzandola punto per punto, scrivendomi tutto. Poi consegnerò i miei appunti al Commissario Biagiotti, non voglio agire in proprio, ma solo dare la mia collaborazione. Intanto bisogna vedere se fra le quattro vittime c’è qualche collegamento: di sicuro non si conoscevano fra loro, questo è stato appurato. A parte la fascia d’età che le accomuna, apparentemente non c’è altro: zone diverse, lavori diversi, ambienti diversi. Ma qualcosa in comune c’è: vivevano sole, nessuna di loro risulta avesse una relazione fissa, due erano nubili, una separata e una divorziata. Forse avevano instaurato una relazione proprio col serial killer, magari recentemente. Gli omicidi sono avvenuti a casa delle vittime, nessun segno di effrazione, evidentemente conoscevano bene l’omicida, si fidavano di lui al punto di introdurlo in casa propria anche in questi giorni, nonostante la dilagante psicosi del mostro. Tutte sono state fatte a pezzi, ma non si tratta del tipico mostro che trattiene presso di sé qualche ricordo biologico della vittima: ha lasciato tutto lì, sparso in giro. Poi c’è la storia degli orologi, ma questa è piuttosto inspiegabile. Forse vuole solo fissare l’ora dell’omicidio, ma perché poi? Le donne erano tutte nude o seminude, forse avevano appena consumato un rapporto sessuale col loro carnefice, probabilmente consenzienti; questo la polizia scientifica già lo saprà, ma quel maledetto del Biagiotti tiene la bocca cucita coi giornalisti. Diamolo pure per probabile, per quasi certo, anzi: diamolo per certo e non se ne parli più. Dovrò indagare sul campo, sentire dei conoscenti, dei vicini.
Parto dall’ultimo efferato delitto. Che poi, ci sono dei delitti non efferati? Non ho mai sentito parlare di un delitto buono, grazioso, magari gentile:
- Scusa, adesso dovrei proprio ucciderti. Hai delle preferenze, non so: accoltellata? Strangolata?
- No, strangolata no! Morire soffocati deve essere terribile…
- Hai ragione. Allora facciamo così, per non tirarla troppo per le lunghe, fare troppo rumore e troppo disordine: tu ti corichi sul letto e io ti pianto velocemente un coltello nel cuore, così muori praticamente sul colpo senza soffrire troppo. Se non vuoi vedere gira pure la testa dall’altra parte. Poi ti farò tutta a pezzi, ma tanto sarai già morta, per cui non ti accorgerai di niente.
- Oh sì, il sangue mi fa impressione. Poi anche se si sporcano le lenzuola non importa, tanto erano da lavare.
- Ti chiedo solo un piccolo favore: nel momento in cui ti pianto il coltello fra i seni dovresti sforzarti di non urlare troppo forte. Non vorrei che qualcuno potesse sentire, allarmarsi e avvisare la polizia prima che abbia finito il lavoro e me ne sia andato.
- Okey, ma fai presto che alle undici danno un film con Kevin Costner su Antenna Quarantotto e non me lo vorrei proprio perdere.
- D’accordo, lo vedrai dal paradiso. Sono già le dieci passate. Faccio subito. E’ stato un vero piacere cara, addio. E grazie per la disponibilità.
- Prego, prego: non si può rifiutare nulla quando viene chiesto con garbo.

Un delitto gentile. Non credo avvengano delitti così, non credo proprio.
Arrivo a Cornigliano intorno alle nove di mattina, spengo il telefonino, mi avvicino al palazzo. C’è una donna sulla cinquantina, corpulenta, coi baffi, che sta spazzando con una certa energia proprio davanti all’ingresso del condominio dove abitava la vittima. Ad essere precisi quando vi abitava non era ancora una vittima. Non importa. Mi avvicino alla donna, guardandola meglio mi accorgo che assomiglia vagamente a qualcuno, ma non mi ricordo a chi. Forse a Diego Abbatantuono. Lei continua a ramazzare come niente fosse, anche quando le sono di fronte; tiene una sigaretta fra i denti a un angolo della bocca, una Stop senza filtro, ogni tanto sputa per terra dall’altro angolo della bocca, mi passa la scopa sulle scarpe, dicono che se ti scopano sui piedi non ti sposi più. Chissenefrega, tanto non ho nessuna intenzione di sposarmi. Proprio mentre sto per rivolgerle la parola mi suona il cellulare. Ma non l’avevo spento? Macché, che scemo che sono, era già spento e io l’ho acceso. Vediamo chi è: Gloria, la mia ultima fiamma. Che palle, proprio adesso!
- Pronto? Amore? Scusa sto lavorando…eh? Non ti sento…non…parla adagio, scandendo le parole…la voce va e viene…
Mi dice:
- Cià…re mio, ti asp…sera…sa mia, ti prepà…netta afrodì…a base di pé…poi ci faccià…u…pata.
- Capito un belino. Il pesce? Che pe…ah, una cenetta a base di pesce, magnifico! Afrodisiaca? Sì, certo…dopo…dài, non dire ‘ste cose! Stasera non posso, facciamo domani, anzi sabato sera. Ma ti fidi a farmi venire così, di sera, a casa tua? E se fossi il mostro? Come “ma vai a cagare”? Uff…

Caduta la linea. Questa volta lo spengo davvero. Ho notato che alla parola “mostro” la donna che ho di fronte, e che continua a passarmi la ramazza sui piedi, ha drizzato lo sguardo. Si fa per dire: è decisamente strabica. La donna mi fissa dritto in faccia ora, con la testa voltata verso il lampione che sta alla mia sinistra. E’ venuto il momento di interrogarla.
- Buon giorno signora, immagino che lei sia la portiera dello stabile.
- L’addetta alla custodia, prego.
- La portiera di solito sa tutto dei suoi inquilini. Vorrei farle qualche domanda riguardo la donna assassinata due sere fa.
- L’addetta alla custodia è normale che viene a sapere tutto di tutti, anche se si fa i fatti suoi. Lei è della polizia?
- No, sono un giornalista…
- Davvero? Chi l’ha mandata? Magalli? Cucussa?
- Cucuzza…
- Ah, ma alora vado per televisione…mi facci aggiustare un po’ i capelli prima. Non mi sembra vero, quando lo dico alla mia amica Teresina crepa di invidia.

La donna ha interpretato la mia correzione del nome che ha storpiato per una risposta alla sua domanda. Ma sì, meglio così. Mi sembra meglio disposta a collaborare. Mi invita nel suo appartamento, dotato di guardiola a finestra.
- Vede dottore? Io da qui vedo tutto. Mi pagano per questo. Ma quand’è che vado in onda?
- Non si sa ancora, intanto registriamo l’intervista.
- Ma…e la telecamera?
- Eh già! E la telecamera? Ah sì! E’ incorporata qui nella punta della biro.
- Madonna, come 007! Che bell’om che l’è quel Son Cònnoli.
- Sean Connery. E’ una vita che non fa più James Bond. Ma veniamo a noi. Lei da quanto tempo fa la portiera in questo condominio?
- Io faccio l’addetta alla custodia del palazzo da nove anni.
- Quindi conosceva benissimo la vittima…
- Povera signorina! ‘Spetti che prendo il fazzoletto se no mi lacrimo tutta la faccia. Povera signorina! L’era tanto una brava persona! L’altr’anno a Natale mi ha anche dato la mancia: cinquemila lire. Un po’ taccagna. Va bhè. Però quest’anno qui non becco neanche quelle. Che disgrasia! Che disgrasia morire in quella maniera lì!
- Secondo lei, la signorina aveva una relazione?
- Io ‘ste cose qui non mi interessano e non le so e non le voglio sapere. Però…
- Però…?
- Mah, un filarino doveva avercelo. Qualche giorno prima della disgrasia aveva ricevuto un mazzo di fiori. C'era un bigliettino attaccato. Io non è che l’ho aperto per curiosare, ma sa, è il mio dovere conoscere i movimenti del palazzo, magari potevano aver sbagliato indirisso. Sul bigliettino c’era scritto: “con tanto amore, il tuo T”.
- T?
- Sì, proprio solo T. Sarà l’inisiale del nome…magari Tino, o Tonino…
- O Tazio…
- O Taddeo, Tarcisio, Temistocle…
- Tullio…
- Tagoberto…
- No, quello si scrive con la D: Dagoberto. Ma potrebbe anche solo voler dire: Tesoro. “Con tanto amore il tuo Tesoro”.
- O magari Topolone…
- Topolone?
- Mia cognata Giuseppa chiama così mio fratello: il mio Topolone.
- Che schifo... Comunque sia, è un indizio di scarsa consistenza. Fosse anche l’iniziale del nome, è probabile che l’assassino si fosse presentato con un’identità fittizia. Non l’ha vista magari in compagnia di qualcuno negli ultimi giorni?
- La sera del delitto no, la custodia chiude alle otto e mezza di sera e fino a quell’ora non era arrivato nessuno; magari quando è arrivato qui era l’ora che danno “Un posto al sole” su rete tre e poi sarà andato via tardi, che dormivo. Però un tre pomeriggi prima l’ho vista salire su una macchina con un uomo. Povera signorina…
- Ha visto l’uomo?
- Appena appena. Era un uomo normale, come tanti, come il farmacista che sta al secondo piano, come lei. La signorina era zitella, ma a dire la verità se la spassava alla grande. Io di uomini qui ne ho visti passare per così. Detto fra noi, senza malignare, la signorina doveva essere una gran porcella! Magari è stato proprio uno dei tanti che ci è stata insieme. Lo diceva sempre il mio povero marito, l’Oreste: quella lì qualche giorno finisce male, quella lì si prenderà l’oviesse.
- Il supermercato? Cosa c’entra?
- Cosa c’entra il supermercato? Dicevo la malattia. Ma siete tutti ignoranti uguali lì alla Rai?
- Di che malattia…? Ah, ho capito: l’aidiesse! Mi dice oviesse, scusi!
- Il mio povero Oreste non correva rischi da quella parte lì. Negli ultimi sette anni: niente. Nemmeno una volta. Anche prima comunque…una volta al mese quando andava bene. Povero Oreste. Mi è mancato così, un mese fa, da un momento all’altro. Un momento prima bestemmiava perché gli era andata giù la catena della bicicletta e un momento dopo era già bello che spiaccicato sotto il camion della spazzatura. Glielo dicevo sempre di lasciar perdere la bicicletta, che non ci vedeva più un belino. E sì che il camion della spazzatura è grosso!

Proprio in quel momento una vociaccia interrompe l’interrogatorio, che tra l’altro non è servito a chiarire un granché: “Ehi, di casa!”. Alla guardiola si è affacciato un uomo bruttissimo, con la barba di una settimana, enormi sopracciglia grigiastre, un naso aquilino molto pronunciato; indossa un impermeabile lacero, macchiato, tutto stropicciato, ha un’espressione torva, accigliata: veramente un gran brutto figuro. Mi verrebbe da pensare che sia proprio lui il mostro, si sa: l’assassino torna sempre sul luogo del delitto. Ma non è il mostro. E’ il Commissario Biagiotti. Mi avvicino.
- Ehi, Biagio, anche tu da queste parti?
- Mi dia del lei, Picco. A che debbo il dispiacere di averla tra le palle anche qui?
- In fondo potrei dire anch’io la stessa cosa. Faccio il mio mestiere, no? Intervistavo la portiera. Noi della “nera” siamo tutti un po’ detective.
- Voi della “nera” siete tutti un po’ stronzi, ma lei Picco è sempre un pelino più stronzo degli altri.
- Comunque dalla portiera non si cava niente, solo pettegolezzi senza costrutto. Dice che la vittima era una bagascia.
- Le donne sono tutte bagasce.
- Eddài! Ma devi sempre essere per forza cupo e incazzato? Ti lascio la portiera, è tutta tua, ma non stare a torchiarla troppo, povera donna: è rimasta vedova da poco, il marito è finito sotto il camion della nettezza urbana.
- E’ quella lì la portiera? Mi sa che suo marito ci si è buttato apposta sotto il camion. Adesso mi faccia la cortesia di togliersi dai coglioni, se no la faccio arrestare con l’accusa di essersi frapposto come ostacolo alle indagini.
- Ho scritto tutto su alcune cartelle, tutta l’intervista alla portiera e anche alcune mie riflessioni. Appena li avrò fotocopiati ti consegnerò i fogli.
- Bravo, questa è proprio un’ottima idea: spesso quando sono in giro per servizio mi capita di avere un’urgenza intestinale, mi tocca mollarla dove capita, e naturalmente non ho mai carta igienica a portata di mano. I suoi appunti saranno utilissimi.
- Ti suona un bip in tasca. Cos’è? Devi prendere una pastiglia per la pressione a quest’ora?
- No, per l’ulcera e il mal di fegato. Mi stanno avvisando che devo chiamare la Centrale. Ho pure il telefonino scarico, porca troia!
- Quando servono non funzionano ‘sti telefonini…
- Senta Picco, per una volta nella sua vita potrebbe rendersi utile. Mi presta il suo cellulare? Le pago la chiamata.
- Figurati Biagio, se mi lascio sfuggire l’occasione di essere in credito con te. Tieni, telefona pure: omaggio della ditta.
- Mmh…va bene. Le devo un favore. Faccio la telefonata nel cesso della portineria, potrei dire cose riservate e non voglio che si sentano…
- Mi sa che chiami l’amante, altro che la Centrale…
- Non ho amanti, alla larga! Mi è bastata una moglie: prima mi ha reso la vita impossibile per dieci anni e adesso mi costa cinque quarti dello stipendio in alimenti. Dopo la telefonata interrogo la racchiona. Lei esca di qui e mi aspetti fuori. Le restituirò il telefonino uscendo.
- Sì, ma non farmi aspettare troppo, c’è un venticello gelido là fuori…
- Meglio! Chissà che sia la volta buona che si becca una bella broncopolmonite, così non la vedrò per un pezzo.

Non si smentisce mai il Commissario. Nemmeno a fargli un piacere diventa non dico gentile, che sarebbe pretendere troppo, ma almeno trattabile. Però questo prestito del telefonino è un favore che dovrà restituirmi, lo tengo in tasca come un jolly e lo giocherò nel momento più indicato.
Va bhè, lo aspetterò in macchina, perché qui c’è davvero da buscarsi un accidente e non posso mettermi in malattia proprio adesso. Basta così, questo capitolo è già durato abbastanza.



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26/02/2004 18:47
 
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sei proprio bravo....

i dialoghi sono esilaranti...uno spettacolo [SM=x142881]

la soria è interessante...tiene in sospeso il lettore [SM=x142822]

mi raccomando la media...un capitolo al giorno[SM=x142834]

[SM=x142886]

Lucia [SM=x142909]





26/02/2004 22:09
 
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Mannaggia Silva'...


sto leggendo con l'avidità di chi vorrebbe quasi inghiottire con gli occhi questa storia[SM=x142871]


[SM=x142886]



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27/02/2004 05:44
 
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NERA
NERA – Capitolo quarto


Per fortuna il Commissario è stato abbastanza veloce, dieci minuti in tutto. Viene verso la macchina, tiro giù il vetro del finestrino.
- Le restituisco il cellulare, Picco. Grazie.
- Di nulla. Novità dalla Centrale?
- No, routine. Aveva ragione sulla portiera: solo inutili pettegolezzi.
- Però pare abbia visto l’assassino…
- Non è detto, e comunque non è in grado di descriverlo.
- Ha detto che era un uomo normale, come me. Devo considerarmi indagato?
- No, la sua faccia è talmente comune che se qualcuno mi fornisse il suo preciso identikit dovrei mettere nella lista degli indagati un paio di milioni di persone. E comunque a me ha detto che somigliava al farmacista che sta nel palazzo.
- E’ vero, anche a me lo ha accennato. Ma stai lì al freddo? Sali in macchina, ti invito a mangiare un boccone.
- E va bene, mi devo sdebitare per il favore del telefonino. Ma si scordi che sia io a offrire, tanto meno ad essere suo ospite. Si fa alla romana.
- Come vuoi. Ti porto in un ristorantino che è la fine del mondo, e sono anche onesti.
- Devo fidarmi per forza, non mi intendo di ristoranti.

Non mi aspettavo che accettasse il mio invito, ma devo dire che oggi il Biagio mi sembra un po’ diverso dal solito, direi un po’ meno stronzo. Forse ha voglia di parlare un po’, in fondo è un uomo molto solo, deve avere anche lui i suoi problemi, ogni tanto dovrà pure lasciarsi un po’ andare, mica può sempre fare il riccio chiuso. Al ristorante prendo un fritto misto di mare, lui un risotto in bianco.

- Ma scusa Biagio, vieni in uno dei migliori ristoranti della riviera ligure per mangiare quella roba lì, tipo ospedale?
- La mia ulcera non mi permette stravizi. E poi il riso in bianco mi piace.
- Ah, ce l’hai veramente l’ulcera! Se ti incazzassi un po’ meno qualche volta…
- Vorrei vedere lei, Picco, se facesse questo mestiere del piffero e soprattutto se avesse avuto una moglie come la mia! Lo sa che non mi vuole concedere il divorzio quella megera? Sa cosa si potrebbe fare? Potrei ammazzarla e farla a pezzi, tutti penserebbero subito al quinto omicidio del mostro, e anche se il delitto gli venisse poi ingiustamente addebitato, bhè… uno più uno meno non fa gran differenza!
- Quanti anni ha sua moglie?
- Cinquantadue.
- Eh no, non rientra nella categoria delle vittime del mostro, è decisamente fuori età.
- E’ vero, accidenti. Non me ne va una dritta.

Come immaginavo: il Biagiotti oggi ha voglia di sfogarsi un po’, chissà che sia la volta buona che riesco a instaurare un minimo di rapporto umano decente con lui.

- Ma lo sai che non so nemmeno come ti chiami di nome? Biagiotti e poi…
- Biagio.
- Biagio? Ma davvero? Pensa che ti chiamavo così come diminutivo del cognome. Io mi chiamo Lino.
- Che orrore! Già è brutto come nome in sé, ma poi unito al cognome! Picco Lino! Ma non se ne rendono conto i genitori di certe stronzate che vanno a combinare quando decidono i nomi dei figli?
- Bhè, anche Biagio Biagiotti non è poi quel granché.
- Pienamente d’accordo. Ma Piccolino?! Ammetterà che è ridicolo! Se avevano una figlia i suoi come la chiamavano? Nata? Picco Nata! D’altronde ho un cugino che si chiama Setti e ha sposato una che si chiama Nervo, che così è diventata la Signora Nervosetti! Pazzesco!
- Comunque Lino è il diminutivo, in realtà mi chiamo Marcello.
- Bha, che nome! Mi sembra un nome da macellaio.
- E va bhè, non te ne va bene uno…

Improvvisamente il Commissario cambia registro e il discorso si fa interessante, quanto inatteso.

- Picco, le faccio una confidenza grossa, non so nemmeno io perché, forse perché non ne posso parlare al Procuratore: mi darebbe mandato di approfondire l’inchiesta e ho l’impressione che questo manderebbe tutto all’aria, poi non è che sia molto convinto, è solo una debole traccia, quasi inconsistente. Inutile dirle che conto sulla sua discrezione assoluta.
- Parola d’onore. C’è un indiziato?
- Non propriamente. Diciamo che ho trovato un esile collegamento fra la seconda e la quarta vittima del mostro: la seconda vittima frequentava con una certa assiduità una farmacia, pare fosse entrata in confidenza col farmacista, si davano del tu, e per un paio di sere ha aspettato che chiudesse la farmacia e sono andati via insieme, non si sa dove, forse a cena, magari a letto.
- Non mi dica che si tratta proprio del farmacista vicino di casa della quarta vittima!
- Proprio lui.
- Ma è stupefacente!
- Stupefacente? Ma che razza di termini usa?
- Tu cosa avresti detto?
- Avrei detto semplicemente: belàndi!
- Belàndi?
- Sì, ma posso anche capirla, lei è pur sempre un giornalista. Dov’eravamo rimasti?
- Al belìn….ehm… al farmacista…
- Ecco, è lui il sospettato numero uno a questo punto, anche perché non ho in mano altri elementi, questo è un caso maledettamente complicato.
- Immagino che l’opinione pubblica ti stia soffiando sul collo, e tu al momento brancoli nel buio.
- Ma lo sa che lei è proprio un compendio vivente di frasi fatte? Come si fa ad essere sempre così banali?
- Oh insomma, possibile che con te debba sempre stare attento a tutto quel che dico, nemmeno parlassi con la maestrina dalla penna rossa?
- La maestrina dalla penna rossa? Che roba è?
- Non hai letto il libro “Cuore”?
- No.
- Lo immaginavo. Mi stai sempre a correggere, a contestarmi le frasi. Che palle! In fondo questo è un “giallo-comico”, mica un capolavoro della letteratura mondiale!
- Mi urtano le banalità. E poi chi l’ha detto che i comici non devono scrivere come si deve? Idem i giallisti. Guardi Camilleri che successo che ha, scrivendo libri gialli! Lo sa Montalbano quanto guadagna? Il triplo del mio stipendio, eppure facciamo lo stesso mestiere! E anch’io ho le mie brave gatte da pelare… ecco, adesso ho detto anch’io una cazzata. Lei ha mai visto un Commissario capo della Squadra Omicidi intento a pelare un gatto?
- A dire il vero, no. Mai.
- Appunto. Poi chissà perché uno dovrebbe pelare un gatto, povera bestia! Ma lasciamo perdere queste facezie. Io non mi posso muovere allo scoperto con questo farmacista, non posso indagarlo apertamente, insomma è un casino.
- Capisco. Hai le mani legate, dovrai agire nell’ombra.
- Basta, me ne vado. Ho sentito abbastanza luoghi comuni per oggi.
- Aspetta, ti accompagno!
- No, vado a piedi, e non mi dica che ho ragione, che fa bene dopo pranzo fare quattro passi all’aria aperta, sennò com’è vero che mia moglie è una stronza, le sparo sul posto in mezzo agli occhi, così finisce il romanzo per la prematura scomparsa del protagonista. E mi dia del lei!!!

Il protagonista, o non piuttosto il co-protagonista? Ho l’impressione che Biagiotti mi stia rubando il centro della scena. Ma no, ma no. L’io narrante sono pur sempre io, e poi sono io il simpatico, il buono della situazione; lui è solo un gran rompicoglioni, cinico, antipatico e nevrastenico. Però ha avuto una bella intuizione, e siccome sono buono ho deciso che lo aiuterò. Svolgerò indagini parallelle sul farmacista, io non ho le mani legate, posso agire allo scoperto, sono libero come l’aria…Va bhè, adesso sto esagerando sul serio coi luoghi comuni, meglio darci un taglio.
Siccome il capitolo è ancora abbastanza corto, mi metto subito all’opera. Dovrò avvicinare il farmacista: la prima mossa, scontata, sarà quella di spacciarmi per un normale cliente, poi giocherò sul fatto di essere un giornalista, dirò che sto svolgendo un’inchiesta sui gravi ritardi delle Regioni nel rimborso alle farmacie dei medicinali soggetti a ticket, un argomento che gli farà sicuramente drizzare le orecchie: vorrà dire la sua, mi farò invitare da lui per un’intervista e avrò modo di vedere come vive, in quale ambiente; lì potrò eventualmente trovare qualche indizio, scoprire altri collegamenti con la prima e la terza vittima. Avrei dovuto proprio fare il poliziotto. Peccato stia dall’altra parte. Non nel senso che sono un delinquente, intendo dire nel senso che sono un giornalista di “nera”, e tra le categorie non corre buon sangue, si sa, e se non si sapesse basta andare a rileggere i dialoghi fra il sottoscritto e il Commissario Biagiotti per rendersene conto. A proposito di Biagio, ovviamente anche in questo caso lo terrò informato delle mie mosse e delle eventuali scoperte, prima o poi mi ringrazierà. O forse no. Non importa. Mi dirigo direttamente verso la farmacia.
Dopo un bel pezzo di strada mi rendo conto di aver trascurato un particolare, piccolo ma fondamentale: non ho idea di dove si trovi questa maledetta farmacia. Torno alla palazzina dove abita il farmacista, mi segno i nomi scritti sulla bottoniera coi campanelli poi entro in un bar, apro le Pagine Gialle e cerco le farmacie. Eccolo: “Farmacia Schiappacasse dott. Osvaldo”, è lui! Mi reco….no, mi reco non mi piace. Vado subito alla farmacia, entro, mi guardo intorno, getto uno sguardo oltre il banco: ci sono solo una ragazza con gli occhiali, carina davvero, e un uomo in camice bianco di almeno cinquant’anni. Preciso: il camice deve avere cinquant’anni, è ingiallito, rattrappito, rattoppato. L’uomo che lo indossa è intorno alla trentina, su per giù la mia età, e devo dire che mi rassomiglia. In effetti ho una faccia molto comune. Continuo a guardare la merce in esposizione per non dare nell’occhio. E’ davvero incredibile la mercanzia che si può trovare in una farmacia: ci sono passeggini, giochini, palloncini, chewing-gum, scarpe, calzini, collant, occhiali, shampoo, bagnischiuma, mutande, pannolini, pannoloni, carta igienica, preservativi, nasi e baffi finti. Mi accorgo di essere rimasto l’unico cliente presente nella farmacia. Mi rivolgo direttamente all’uomo.
- Eh eh, incredibile quanta roba si possa trovare in farmacia!
- E’ vero, non è più come ai tempi di mio padre, che si vendevano solo farmaci.
- Anche suo padre aveva un supermercato… ehm, voglio dire… una farmacia?
- Sì, anche mio nonno.
- Però!

Che cazzata che ho detto: “però!”. Così la conversazione langue, devo andare subito al nocciolo.

- Mi presento. Mi chiamo Marcello Picco, sono un giornalista del “Cittadino” di Genova, sto svolgendo un’inchiesta sui ritardi…
eccetera eccetera, come ho scritto alcune righe fa. Il pesce, cioè il farmacista, abbocca subito: si infervora, si impaonazza, si ingabibba, gesticola, dice che i soldi arrivano sempre tardi e col contagocce; gli propongo un’intervista, a casa sua, per stare più tranquilli. Mi invita per il pomeriggio seguente, la farmacia aprirà alle 17, se arrivo verso le 14 a casa sua avremo circa tre ore di tempo per parlare. Ottimo. Continuiamo a chiacchierare di varie cose, gli sono già diventato simpatico, si fida di me. La rete è lanciata, anzi, qualcosa ho già raccolto nel momento in cui lo saluto e ci confermiamo l’arrivederci a domani: ho trovato un possibile collegamento con la terza vittima. Il farmacista mi ha detto che non vede l’ora di arrivare al 15 gennaio, quando chiuderà per ferie e se ne andrà per tre settimane a Cervinia, come ogni anno. La terza vittima lo scorso anno, nello stesso periodo, era proprio andata a fare una settimana bianca a Cervinia. Probabile che si siano conosciuti, magari erano nello stesso albergo, o si sono incontrati su una pista, hanno scoperto di essere entrambi di Genova, hanno fatto amicizia, sono entrati in confidenza, si sono scambiati i rispettivi numeri telefonici. Nulla di più probabile. Poi, mesi dopo, il farmacista-serial killer avrebbe ripreso contatto con la donna, lei l’avrebbe invitato a cena a casa sua, lui l’avrebbe uccisa e fatta a pezzi e poi avrebbe fermato tutti gli orologi, come suo solito. Uso il condizionale perché anche questa è una traccia appena accennata, ma è un altro indizio che va ad aggiungersi agli altri, sebbene al momento ancora troppo ipotetico. Dovrò approfondire, e dovrò anche trovare un possibile collegamento con la prima vittima. Intanto torno al giornale per battere un pezzo interlocutorio, assolutamente discreto, ma leggermente insinuante: “La polizia brancola nel buio? Diciamo piuttosto che si muove nella penombra. All’apparenza il quadro è ancora fosco, ogni possibile strada dell’indagine tende a tramutarsi repentinamente in vicolo cieco, ma c’è come l’impressione che qualche tessera vada lentamente a trovare il giusto incastro, per la composizione di un mosaico ancora frammentario, nebuloso, eppure al tempo stesso…..” uhm, al tempo stesso cosa? Mi sono incartato. Ci penserò su al giornale. Parcheggio, attraverso di corsa la strada tra lo sguardo ammirato dei passanti che notano la mia eleganza sportiva e il mio fisico asciutto e slanciato, l’equilibrio aggraziato dei miei movimenti mentre procedo ad ampie falcate sul marciapiede, con quella mia tipica aria sana e un po’ “americana”, il mento volitivo, il sorriso aperto, la dentatura perfetta e splendente da non fumatore, l’andatura leggiadra, appena appena ondeggiante, il passo svelto, sicuro e… accidenti! Ho pestato una merda!


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27/02/2004 17:15
 
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...sempre più divertente...se possibile...la chiusa poi! [SM=x142843]

io sono sempre qui eh? e aspetto....[SM=x142871]


Lucia [SM=x142909]
27/02/2004 20:16
 
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Essendo l'unica e sola EDITOR sono felicissima che il Fine Dicitore vi colpisca.
E' un artista a tutto tondo (anche di panza?) che merita la fama (e non solo la fame); parlategli al telefono: la sua voce sensuale vi incanterà.
Comprate i suoi scritti e mi renderete ricca.

La vera, unica, sola EDITOR DI WALKO.



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27/02/2004 21:13
 
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ahahah
Caro walko.... ora lo stampo e lo faccio leggere ai miei amici genovesi.
Ma i diritti d'autore??

Boh...

Giancarlo[SM=x142860]
27/02/2004 22:57
 
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Essendo l'EDITOR di Walko i diritti vanno a me, ci penserò io a passarli a lui, dopooooooooooooooooo.


THE EDITOR
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28/02/2004 08:53
 
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Colgo l'occasione per precisare a scanso di equivoci che Walko, cioè a dire colui che scrive, cioè io: NON ha editor, né editori, amministratori, managers, promoters, rappresentanti legali, addetti stampa, segretari, portaborse, portavivande, guardie del corpo. Tutto quanto in tema di diritti, editoria e divulgazione concerne la mia intera produzione artistica (poesie; canzoni; romanzi; racconti; testi teatrali; commedie musicali; soggetti, sceneggiature, programmazione e regia radiofonici, televisivi e cinematografici) fa esclusivo riferimento alla società libera e spontanea "Baracco & Rossi" di Silvano Baracco (Walko) ed Edgardo Ivano Rossi (Rei). Ergo, nessuno commetta l'errore di devolvere somme alla suscrivente Fiordineve o altri, ché non verrà rimborsato da noi (Walko e Rei), da lei (Fiordineve) e tanto meno da loro (governo, bankitalia, compagnie assicurative). E vado col quinto e terzultimo capitolo della storia



NERA – Capitolo quinto


Mi sveglio di soprassalto dopo una notte popolata da incubi terrificanti. Colpa dei peperoni con le acciughe che mi ha preparato ieri sera la Sciura Gianca: li amo con tutto il palato e la gola, ma lo stomaco a volte si ribella. Così ho sognato che il Commissario Biagiotti lasciava la polizia e veniva a fare il direttore del “Cittadino”, mi toglieva dalla “nera” e mi incaricava di scrivere l’oroscopo; poi ho sognato che dovevo sposarmi e una volta arrivato in chiesa scoprivo che la mia promessa sposa era la Sciura Gianca, che avrà più di ottant’anni, che tentava orridamente di baciarmi sporgendo la dentiera dietro il velo bianco, mentre tentavo di fuggire trattenuto di forza dal Biagiotti (ancora lui, la mia ossessione), dal farmacista indagato e dallo stesso prete della cerimonia, che poi era Bruno Vespa. Mai più peperoni e acciughe per cena. A proposito, è già sabato, stasera sono a cena da Gloria, dovrò essere in gran forma, oggi non voglio stancarmi troppo. Dovrò passare al Commissariato a consegnare il dossier che ho costruito sul farmacista, dopo la visita a casa sua di ieri pomeriggio. Biagiotti questa volta dovrà ringraziarmi, voglio proprio vedere come farà ad evitarlo. Intanto ho trovato l’ultimo collegamento: la prima vittima frequentava lo stesso “tennis club” del farmacista. E’ decisamente probabile che si siano conosciuti lì. Il Commissario potrebbe obiettare che anche in questo frangente il collegamento è quasi inconsistente, costruito sopra supposizioni, senza nemmeno uno straccio di riscontro. Però quando le coincidenze si accumulano, come insegna….chi lo insegna? Non mi ricordo. Non ha nessuna importanza, lo insegna l’esperienza, ecco: troppe coincidenze tutte insieme diventano qualcos’altro. Cosa diventano? Bho. Insomma, che casino che sto facendo, ma si è capito o no quello che sto dicendo? Se qualcuno è riuscito ad afferrare qualcosa che me lo faccia sapere (linopicco.nera@cittadino.it), perché io invece non ho capito un belino di niente. E comunque gli indizi ci sono, e non è tutto. A casa del farmacista ho potuto dare un’occhiata in giro e ho scoperto un bel po’ di cosette: il dottor Schiappacasse ha due armadi pieni di materiale pornografico, videocassette, riviste, cazzi finti, una bambola gonfiabile, biancheria e attrezzatura sadomaso; in un cassetto teneva una serie di articoli sugli omicidi del mostro, accuratamente ritagliati dai giornali; e dulcis in fundo ha un hobby davvero interessante: quello dell’orologeria, proprio così, costruisce e ripara meccanismi per orologi, mi ha detto che la cosa lo rilassa. Ebbene, a questo punto ogni lettore potrà dire: bhè, tutto qui il giallo? Ci voleva tanto a scoprire il colpevole? Ebbene sì, non ha tutti i torti il lettore, ma in effetti le prove non ci sono ancora, solo indizi, per quanto schiaccianti. Forse un poliziotto più in gamba, tipo il tenente Colombo, avrebbe risolto il caso molto prima, magari già dal primo capitolo, ma così il giallo sarebbe finito subito, o non avrebbe addirittura visto la luce se un Commissario sagace e intelligente avesse chiuso il caso già alla seconda vittima del mostro, quando il presente racconto giallo non era ancora cominciato. E comunque nessun lettore potrà affermare con supponenza: “bhà, l’avevo capito già dal primo capitolo”, non fosse altro che per il semplice fatto che il farmacista dott. Schiappacasse è apparso, e per di più fugacemente, solo nel terzo capitolo. Con tutte queste certezze in tasca mi avvio al Commissariato e vi arrivo dopo appena un’ora di traffico. Mi riceve il maresciallo De Prà, il più stretto collaboratore di Biagiotti, un uomo tranquillo e un po’ scolorito, che non a caso sinora non era apparso. A dirla tutta poteva anche fare a meno di apparire a questo punto, ma di già che è apparso anche lui avrà modo di dire la sua. De Prà è l’esatto opposto di Biagiotti, lui tiene molto a intrattenere ottimi rapporti con la stampa, infatti mi accoglie con la consueta cortesia.

- Buon giorno dottor Picco, prego, si accomodi, faccia come fosse a casa sua, le faccio portare un caffè?
- No no, grazie…
- Glielo preparo io, con la moka?
- Ma s’immagini! No, guardi, l’ho appena preso a casa…
- Non c’è problema. Stia comodo, si allenti pure la cravatta, non mi formalizzo, si tolga anche le scarpe se vuole.
- Sto bene così. Grazie…
- Vuole qualcosa? Due pastarelle? Un toast? Un tramezzino?
- No, la ringrazio, ma non ho proprio appeti…
- Vuole una sigaretta? Un sigaro?
- Grazie, non fumo…
- Un gelato? Una fetta di torta? Vuole una fetta di ciambella fatta in casa? E’ una bontà, guardi, l’ha fatta mia moglie…
- No, lasci stare…
- Vuole due cioccolatini? Anche di più se vuole, ecco la scatola…
- Insomma, la smetta!
- Sono a sua disposizione. Le vado a prendere un bicchiere d’acqua? Le da fastidio il sole? Abbasso un po’ la tapparella…
- Ma la vuole finire di leccarmi il culo? L’unica cosa che può fare per me è quella di farmi parlare col Commissario Biagiotti.
- Mi spiace, è proprio l’unica cosa in cui non posso favorirla: il Commissario è in missione segretissima, non so nemmeno io dove.
- Accidenti. Senta De Prà, consegno a lei questo dossier. C’è tutto su Schiappacasse.
- Schiappacasse?
- Il maggiore indiziato sul caso dell’ “orologiaio”. Biagiotti sa.
- Ah, il farmacista!
- Ne è informato anche lei?
- Certo. Guardi, non dovrei dirlo, ma secondo me il Commissario oggi è per l’appunto impegnato su quel fronte e credo proprio che stia per chiudere il caso. Mi raccomando, non dica niente per ora, una fuga di notizie a questo punto potrebbe inficiare l’inchiesta, mettere l’indiziato sul “chi va là”, proprio mentre la morsa sta per chiudersi.

Rimango sorpreso da queste parole del De Prà. Vuoi vedere che ho sottovalutato il vecchio Biagio? Forse era già arrivato alle mie stesse conclusioni prima ancora di me. D’altronde devo ammettere che è stato lui a suggerirmi la pista del farmacista, io non ci avevo proprio pensato. Va bhè, è il suo mestiere, io faccio il giornalista, mica l’inquirente. Non vorrei che il Biagiotti mi giocasse uno scherzo da prete: non vorrà mica arrestare il mostro proprio oggi, mandandomi all’aria i progetti di un pomeriggio di tutto riposo e poi di una serata al fulmicotone con Gloria? Ma no, per quanto possa essere scorretto, mi avrebbe preallarmato. Ma ne sono proprio sicuro? No. Per precauzione decido di telefonare alla “lingua profonda”, il solito informatore che lavora per noi, ma anche per la polizia, ed è sempre disposto a dare informazioni sui reciproci movimenti.
Mi assicura che Biagiotti non si muoverà nel pomeriggio, ha le sue buone ragioni per essere sicuro di questo, anche se non può o non sa spiegarmene i motivi.
- Io stasera ho una cenetta con la mia donna, con quel che segue. Avrà mica intenzione di interrompermi proprio sul più bello per dover correre sulla scena della cattura del mostro?
- Lo escludo.
- Ne sei sicuro?
- Che tu sappia, ho mai toppato un’informazione?

E’ vero, mai toppato una volta. Le sue parcelle sono care come il sangue, considerato nell’insieme come individuo è anche abbastanza scemo, ma devo ammettere che come informatore non ha mai fatto cilecca. Potrei rinviare la cena a domani sera, ma se poi invece Biagiotti si muovesse proprio domani? Decido di fidarmi. Lo ringrazio. Mi risponde:
- Quattrocento.
- Quattrocento cosa?
- Quattrocentomila palanche.
- Ma sei matto? Non era mica un’informazione lavorativa, era una cosa personale…
- Va ben, facciamo duecentomila, con uno sconto del 50%. Però le vorrei subito. Devo star via qualche giorno e sono a corto di grano.

Potrei tirare sul prezzo, approfittando della sua urgenza di palanche, ma sono un signore. Dopo un quarto d’ora porto il pattuito al solito posto, una cassetta di sicurezza, anonima. Mi è costato, ma almeno adesso sono tranquillo. Faccio uno spuntino veloce, poi vado a casa a prepararmi. Un sonnellino, poi doccia, shampoo, barba e sono in piena forma. Mi vesto con eleganza e parto con un certo anticipo, dovessi trovare traffico. Difatti, arrivo davanti alla porta di casa di Gloria e suono il campanello che sono le otto in punto. Mi apre, ci baciamo, mi fa entrare e mi mostra la tavola già apparecchiata, con tanto di penombra, candele e musica in sottofondo.
- Che ne dici, amore, dell’atmosfera che ho preparato?
- Non male, ma…ma che musica è?
- L’ultimo cd di Mino Reitano.
- Splendido. Ma come ti vengono certe idee?
- Qualche giorno fa i ladri mi hanno rubato la scatola dei cd che avevo in macchina. Questo l’avevo comprato per il compleanno della mia bisnonna. E’ l’unico che non hanno rubato. Meglio che niente…
- Se lo sapevo portavo io un cd da casa, che ne so, qualcosa di più moderno: Nilla Pizzi, il Trio Lescano…
- Non importa, sarà per la prossima volta. Ti ho preparato un fritto di mare che è la fine del mondo.
- Che meraviglia! Il mio piatto preferito!
- Lo so. Ma cominciamo con l’antipasto. Ti piacciono i peperoni con le acciughe?
- Oddiomio…!
Vabbè, adesso mettermi qui a parlare di problemi di stomaco e dei conseguenti incubi non mi sembra elegante. Voglio godermi in pace questa serata. Domani probabilmente sarà una giornataccia, il Biagiotti pizzicherà il farmacista e io dovrò esserci assolutamente. Magari ci scapperà un’intervista esclusiva col mostro, roba da premio Pulitzer.
Basta, il capitolo finisce qui. Non è bello scrivere con la bocca piena.



28/02/2004 8.53



[Modificato da Fiordipoesia 25/01/2005 17.02]

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28/02/2004 09:13
 
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E siccome è sabato e domani non sarò presente, per mantenere il ritmo raddoppio e posto subito il penultimo capitolo. Così avrete tutti (tranne Fiordineve che conosce già il finale) anche il modo di rimuginare durante il week end su chi sarà mai il colpevole fra oppure oltre il mazzo dei sospettati di cui si parla appunto nel capitolo che vado a copincollare.


NERA – Capitolo sesto


Devo aver mangiato troppo. Mi sento la pancia piena. Se mangiassi sempre come questa sera potrei dare l’addio alla mia linea invidiabile, ma per fortuna capita raramente. Gloria è davvero brava in cucina: l’antipasto era magnifico, il fritto misto croccante il giusto, e il dolce! Un tiramisù da competizione, ho dovuto fare il bis, e il tris, e il quatris. Forse non si dice quatris. Potrebbe essere che si dica tetris. Ma non è un gioco che si fa col computer il tetris? Bho, non mi intendo di queste cose, non uso nemmeno la macchina dattilografica io, scrivo ancora tutto a mano, come i pionieri del giornalismo. Quatris, tetris o vattelapesca, il succo è che ho mangiato quattro porzioni di tiramisù e adesso sono qui, pancia all’aria, che mi manca quasi il respiro tanto sono pieno. Gloria, direbbero i miei, è proprio una ragazza da sposare: è molto dolce, molto affettuosa, brava in casa e in cucina, ed è anche molto bella. Già, adesso, ma poi, tra qualche anno? Mi troverei in casa una donna invecchiata, sfiorita, deturpata, una specie di Sciura Gianca, che se come vicina è un sogno, come moglie è un incubo, anche senza peperoni con le acciughe. Gloria diventerà così anche lei, a vederla adesso sembra impossibile. La guardo: è davvero stupenda, è sdraiata accanto a me, sta dormendo, con un’aria appagata e sognante. Io dopo l’orgasmo non dormo mai, mi funziona così, è come se avessi ancora l’adrenalina al massimo, il sonno mi arriva quasi di colpo dopo sette o otto ore, e può anche succedere che mi addormenti in piedi, in bicicletta, in ascensore. Dovrò ricordarmi domattina di prendere una dozzina di caffè, domani sarà una giornata da stare ben svegli, la libertà del farmacista avrà le ore contate.
Ma poi, farò bene a dare per scontata la chiusura del caso con l’arresto dello Schiappacasse? Ci pensavo ieri notte, prima di addormentarmi, ma non ho fatto in tempo a completare il pensiero. Che nervoso che mi viene quando sono lì con un pensiero in corso e…paf, mi addormento! Vediamo adesso, mentre Gloria se la dorme e io sono qui, senza sonno e senza nemmeno voglia di alzarmi, di riprendere il filo del pensiero interrotto ieri notte e di fare così il punto sul caso.
Dunque: il farmacista è veramente l’unico indiziato? Mah! Io a dirla tutta un dubbio su una certa persona ce l’avrei da un po’ di giorni: l’informatore. Come fa a sapere sempre che si è verificato un omicidio ed esattamente dove si è consumato e come? Sì, lo so che sembra un’idea squinternata, una cosa buttata lì senza molto fondamento. Ma ho ripensato alla questione della motosega, al fatto che ha attribuito a suo fratello l’acquisto di un simile attrezzo, effettivamente utilizzato dal mostro con la sua quarta vittima, e che ha subito risposto alla mia battuta sull’alibi dicendo che suo fratello aveva passato la sera con lui, alla bocciofila. La sera seguente avevo intenzione di parlargli per avere maggiori ragguagli, magari per raccogliere le voci su eventuali sospetti: aveva il cellulare spento, sono andato alla bocciofila pensando di trovarlo lì, ma non c’era. Ho chiesto al barista se l’aveva visto, o se pensava che sarebbe venuto più tardi e, secondo le sue abitudini, intorno a che ora avrei potuto trovarlo. Mi ha risposto che erano diverse settimane che non si faceva vedere lì alla bocciofila, né lui, né suo fratello. Sul momento non avevo dato peso alla cosa, ma ripensandoci bene la circostanza andrebbe considerata sotto una diversa luce, una luce obbiettivamente un po’ sinistra. Qualcuno ha mai visto o sentito parlare di una luce destra? Non ha importanza, andiamo avanti col ragionamento. Come mai l’informatore oggi aveva così fretta, al punto di accontentarsi della metà dei soldi che mi aveva chiesto, purché glieli facessi avere subito? Ha detto che doveva andare via per un po’ di tempo. Strano. Cerca di nascondersi, di fuggire forse? E se il mostro fosse proprio lui, in procinto di fuggire dopo avere fiutato sul collo il fiato di Biagiotti? Dovrebbe mangiare meno aglio, il Biagio, e lavarsi i denti più spesso. E se addirittura gli “orologiai” fossero due, l’informatore e suo fratello? Chi è questo misterioso fratello che va a Sampierdarena a comprare una motosega? Ne parlerò a Biagiotti.
E poi, pensandoci bene, questa non è nemmeno l’unica pista alternativa a quella che, comunque, personalmente continuo a vedere come la pista principale, cioè quella del farmacista. Ce n’è anche un’altra, persino più inquietante e per certi aspetti anche più plausibile di quella dell’informatore. Mentre ero a casa della portiera per intervistarla, ho notato che in un angolo della casa c’era un sacco di tela grezza, malamente appoggiato al muro, semiaperto, da cui spuntavano visibilmente alcuni coltellacci da macellaio, una motosega e un bastone di legno, che poteva tranquillamente essere il manico di un’ascia. Non ho potuto fare a meno di notare che la portieraccia si è subito parata davanti al sacco, come nel tentativo di nasconderlo alla mia vista. Ho ragionato, e ricordo di averne anche parlato con Biagiotti, sul fatto che le vittime abbiano aperto la porta di casa propria al mostro, così a cuor leggero, senza paura, proprio nei giorni in cui molte donne non aprono più nemmeno al postino, a un proprio fratello, al marito, a causa della dilagante “psicosi dell’orologiaio”. La spiegazione che mi ero dato sino a poco tempo fa era stata quella di un’estrema fiducia e confidenza che le vittime dovevano avere con il loro carnefice, ma poi improvvisamente mi è venuta un’illuminazione: e se in realtà l’orologiaio fosse un’orologiaia, cioè una donna? Questo spiegherebbe ampiamente la tranquillità delle vittime nel momento in cui lasciavano che il mostro, in realtà una “mostra”, entrasse a casa loro. La portiera magari si introduceva negli appartamenti con la scusa di dover svolgere una riparazione, per esempio ad una canna dell’acqua, dietro segnalazione dell’amministratore del condominio. Scommetto che se facessi una piccola indagine scoprirei che la portiera oltre a svolgere, come dice lei, attività di custodia nello stabile della quarta vittima, prestava o aveva prestato servizio come donna delle pulizie e al tempo stesso addetta ai piccoli interventi di manutenzione nei palazzi delle altre donne uccise dal mostro. Sarebbero anche spiegabili le sue accuse nemmeno tanto velate al farmacista; che tra i due non corra buon sangue è lampante: lo stesso Dott. Schiappacasse, tra un discorso e l’altro, mi ha detto che da un paio di anni ad ogni riunione di condominio, lei presente, cerca di far licenziare la portiera per la sua maleducazione e la sua grossolanità nello svolgere le proprie mansioni, ma soprattutto perché spesso si assenta dal servizio di custodia alla guardiola, per andare altrove a svolgere ore di lavoro in nero come donna delle pulizie. Da qui, fatalmente, nasce il profondo disprezzo della donna verso di lui. E il movente? E’ chiaro: sicuramente la portiera odiava a morte quelle donne così belle, giovani, eleganti e benestanti, che magari la trattavano male ripagandola della sua consueta scortesia; in lei la sua invidia e il suo rancore si univano evidentemente ad una particolare forma di moralismo puritano che la spingeva a condannare la condotta di quelle donne, per il loro modo di vivere libere, di frequentare amici di sesso maschile, di truccarsi, di tingersi i capelli, di vestire ai suoi occhi in maniera intollerabilmente provocante, con quei certi abiti attillati, quelle scollature, quelle magliette e quelle gonne corte che lasciavano scoperte la pancia e le cosce.
E se poi vi fosse addirittura qualche collegamento fra gli indiziati? Magari la portiera e il farmacista agivano di concerto, fingendo di odiarsi per allontanare qualsiasi sospetto. Oppure l’informatore è il complice della portiera: ricordo che si diceva che fosse l’amante dell’orribile portiera di un palazzo, rimasta vedova di recente a causa di un incidente non ben chiarito. Biagiotti dovrebbe aprire un’inchiesta su quell’episodio, forse archiviato troppo in fretta come un semplice incidente. Dovrò parlargli di tutto questo. L’ideale sarebbe convocare tutti gli indiziati, il farmacista, la portiera, l’informatore e anche suo fratello, metterli a confronto, far emergere gli eventuali collegamenti fra di loro, le contraddizioni, le immancabili accuse reciproche. Sicuramente ne sortirebbe qualcosa di interessante. Se Biagiotti fosse una persona un po’ più trattabile gli darei questo consiglio, ma con quel caratteraccio che si ritrova chissà come reagirebbe. Devo cercare di insinuargli questi dubbi con molto tatto, facendo in modo che possa pensare di essere arrivato lui stesso a certe conclusioni, tanto non è certo la sua personale riconoscenza che mi interessa. Sempre che non ci sia già arrivato da solo, ho già detto che il Biagio forse è meno stupido di quanto possa sembrare ad una prima impressione. Comunque sia, se dovessi scommettere, io punterei ancora sul farmacista, non per una personale antipatia, anzi, e nemmeno per istinto o cose simili, ma perché gli indizi contro di lui mi sembrano i più precisi e anche i più pesanti. Poi non si sa, si tratta pur sempre di un giallo, quindi si possono fare molte congetture e molte ipotesi, ma finché non si è arrivati alla conclusione, tutto può essere. Va a finire che il colpevole è il maggiordomo. Ma il maggiordomo di chi? Bho.
Nel frattempo mi sono reso conto che stando qui coricato, nudo, comincio a sentire freddo. Il tempo sta cambiando, fuori c’è vento e ormai il riscaldamento è spento. Gloria dorme beatamente, anche lei è tutta nuda, ma evidentemente dormendo non sente il freddo. Che faccio? La sveglio per dirle che fa freddo? Non mi sembra proprio il caso. La bacio. Non si sveglia. Sgaiattolo fuori dal letto e mi rivesto. Andrò a dormire a casa, prenderò un sonnifero per anticipare il sonno e domattina presto un’intera macchinetta di caffè ristretto, per essere sicuro di stare sveglio poi durante tutta la giornata.
Il capitolo è venuto così, alquanto scarso in fatto di spunti comici. Pazienza. D’altronde questo è un giallo e oramai siamo arrivati alla stretta finale, l’atmosfera si fa tesa. Siamo davvero giunti alla resa dei conti: l’uomo immobilizzato sulla sedia a rotelle ha visto tutto dalla sua finestra: è stato proprio lui, l’omaccione, quello che più là negli anni cambierà vita, farà l’avvocato e si chiamerà Perry Mason, è stato lui a far scomparire la moglie; l’uomo sa tutto, ma l’omaccione adesso sa che lui sa, e l’uomo sa che l’omaccione sa che lui sa, e l’omaccione sa che l’uomo sa che lui sa che l’uomo sa; ed ora l’uomo è solo, inerme, impossibilitato a muoversi liberamente, non può nemmeno fuggire, e ha paura, e proprio in quell’istante…
Ehi, un momento! Ma questo è un altro film!
Va bhè, come non detto.
Oramai siamo arrivati alla stretta finale, l’atmosfera si fa tesa. Punto. Fine del sesto capitolo.


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28/02/2004 13:04
 
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Eh eh
Lo capisci che potrei rovinarti svelando il finale?
Ah... il Commissario Biagiotti......... quanto mi mancava.
Baci
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28/02/2004 23:27
 
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eh eh Kate...tu provaci...così ci sarà ancora lavoro per il commissario Biagiotti....e il nostro Lino (si chiama come un mio zio, nemmeno simpatico lui...si insomma lo zio, che nel frattempo sarà anche morto lui...sempre lo zio)

puntatona piena di indizi e illazioni...ci devo pensare
eppure di solito ci arrivo prima della fine....cogiterò

Lucia [SM=x142909]




29/02/2004 10:47
 
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KATE CHE DICI?

Giuro che la tentazione è forte ma sarò stoica, tanto cogita solo Mimosa.[SM=x142839]
Dal momento che si è rifiutato di prendermi come Editor[SM=g27825] , dirò al Fine Dicitore che "la vecchia roma fa proprio schifo"[SM=x142818] [SM=x142943]


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01/03/2004 08:31
 
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Ultimo atto!
E siamo giunti al gran finale! Ma prima devo rispondere a Fiordi che: quanto la mia Roma "faccia schifo" lo si sta dimostrando in campo, vedi 4-0 alla Juve, 6-0 al Siena e il 4-1 di ieri a Parma; altro che i soliti noiosi, fortunosi, stentati e sdentati 1-0 del tuo Milan Kakarello e Culatello! Detto questo procedo ad inviare l'atto ultimo, con il suo spiazzante epilogo e vi ringrazio per l'attenzione.



NERA – Capitolo settimo e ultimo


Quel malnato dell’informatore questa volta ha toppato. E mi è costato pure 200.000 lire (103,29 euro; 2 cartoni di palanche), ma peggio ancora, probabilmente mi sono pure giocato il premio Pulitzer. Magari poi non è nemmeno sua la colpa. Scommetto che è stato quel serpente del Commissario Biagiotti a passargli apposta un’informazione sbagliata per depistarmi, è davvero machiavellico quello lì. Eh sì, lo devo ammettere: l’avevo sottovalutato. Capisco che vi sto tenendo sulle spine dicendo queste cose, ma se no che giallo sarebbe? Eh sì, sarebbe stato troppo comodo che tutto fosse andato come previsto: me ne tornavo a casa dopo la bella serata con Gloria, mi facevo una bella dormita popolata da incubi per via dei peperoni alle acciughe, magari questa volta mi sognavo di sposare l’ex moglie del Biagiotti; poi andavo al Commissariato giusto in tempo per essere avvisato da quell’idiota di De Prà che l’operazione finale “orologiaio in gabbia” stava per scattare, correvo sul posto, intervistavo al volo il mostro in manette, arricchivo l’intervista con le note già in mio possesso, e il gioco era fatto.
E invece no. Il Commissario Biagiotti ha arrestato l’orologiaio la notte scorsa.
Vi racconto come è andata, ricostruendo la scena dettagliatamente. Il mostro aveva appena concluso la sua opera: dopo essersi intrattenuto dolcemente con la sua quinta vittima, ovviamente prima che diventasse tale, nella cui casa era riuscito subdolamente a introdursi, l’aveva uccisa con un colpo di coltello alla carotide, quindi l’aveva ridotta a brandelli poi dispersi per tutta la casa, secondo il suo costume, infine aveva provveduto a fermare tutti gli orologi alle ore 12.23.
A quel punto, in tutta tranquillità ha aperto la porta per andarsene, è uscito sul pianerottolo e proprio in quel momento si è accesa la luce delle scale e dal buio sono apparsi il Commissario Biagiotti e una ventina di agenti armati di pistole, fucili, mitra e bazooka, che avevano chiuso ogni via d’uscita all’assassino, a cui il Biagiotti ha intimato l’alt, mentre tutti i poliziotti puntavano le armi contro di lui. Non contro Biagiotti, contro l’assassino ovviamente. La lingua italiana a volte è un po’ contorta e può dar luogo a strani equivoci. Il dialogo fra il Biagio e l’Orologiaio si è svolto su per giù in questi termini:

- Fermo. Non faccia un passo né una mossa, o saremo costretti a fare fuoco. Si arrenda, tanto ormai è finita.
- Ma…che volete da me? Chi siete? Ladri?
- Ma quali ladri! Non offediamo, e non facciamo i furbi! Ma giusto per amore di precisione: noi siamo poliziotti e lei è l’Orologiaio, il mostro di Genova!
- Adesso è lei che offende, scusi! Mostro sarà lei! Si è mai visto allo specchio?
- E va bene, ho capito: faremo a meno della sua collaborazione. Allora, che cos’ha in quel sacco? Dalla sagoma si direbbe una motosega. E c’è dell’altro, mi pare: un’ascia, coltelli, cacciaviti, tenaglie…
- Sono attrezzi da lavoro, ho l’hobby del bricolage.
- Ah, capisco. E immagino sarà venuto qui a fare qualche bel lavoretto questa sera. Entriamo nell’appartamento a vedere che cosa ha lasciato? Noi siamo qui da cinque ore, da quel momento è entrato solo lei in quell’appartamento e nessun altro ne è uscito, quindi qualsiasi lavoretto si trovi là dentro può essere stato solo opera sua. Allora, ci entriamo assieme?
- Non ho le chiavi per aprire.
- Possiamo suonare il campanello, anche se è probabile che nessuno apra la porta.
- A quest’ora? Vogliamo svegliare tutto il palazzo?
- E va bene. Ecco qui: ho un passepartout, questa chiave apre tutte le porte. Entriamo?
- No… meglio di no… d’accordo…d’accordo…… mi sa tanto che a questo punto mi conviene arrendermi.
- E’ la cosa migliore da farsi, mi creda.
- Sì, lo penso anch’io. Tanto ho un ottimo avvocato. Al processo chiederemo la semi-infermità di mente. Me la daranno sicuramente, ci mancherebbe! Se non la danno a me, a chi? Così al massimo con una decina d’anni di manicomio criminale me la caverò di sicuro. Dimostrerò nel frattempo di essere ampiamente guarito e pentito e di non essere più pericoloso per la società. Magari poi, appena uscito, ricomincerò daccapo a fare a fette un po’ di donne.
- Chi se ne frega. Io fra dieci anni sarò in pensione. Saranno cazzi di un altro commissario. Dunque, è disposto a rilasciare una confessione completa, per tutte e cinque le vittime, così ci evita un sacco di grattacapi e lungaggini?
- Sì, sì. Confesso, confesso tutto: le ho ammazzate io, tutte e cinque, facendo tutto da solo. Ammazzate e fatte a pezzi.
- Molto bene. Benissimo. Ottimo!
- Bho, se lo dice lei…
- Mi riferivo alla conclusione dell’indagine!
- Ah, pensavo si riferisse alla carneficina. E adesso cosa succede?
- Adesso le leggo la formula di rito: “due etti di prosciutto cotto, tre etti di gorgonzola, una scatola da mezzo chilo di rigatoni, una scatola di pomodori pelati…” ma che cazzo sto leggendo?
- La lista della spesa?
- Proprio quella. Va bhè, vado a memoria: Dott. Marcello Picco, detto Lino, la dichiaro formalmente in arresto per massacro plurimo aggravato continuato. L’avevo detto che aveva un nome da macellaio, ricorda?
- Vagamente…
- Agente Talino: manette!
- Tenga Commissario…
- Agente Talino, che fa?
- Le do le manette…
- A me? E perché?
- Le ha chieste lei. Ha detto “agente Talino: manette”…
- Non sono mica un chirurgo! Agente Talino: bisturi! Le deve mettere a lui le manette, non darle a me, idiota! Ma dimmi te con che gente mi tocca lavorare!

E’ una strana sensazione quella che si prova a salire di dietro su una macchina della polizia, stando seduto fra un poliziotto e il Commissario Biagiotti coi polsi ammanettati. Non il Commissario Biagiotti, io ho i polsi ammanettati, ovviamente. La lingua italiana… l’ho già detto.
Ne ho visti tanti di arresti in questi anni, ma a stare dall’altra parte devo dire che si provano sensazioni affatto diverse. Come spiegarle? E’ un po’ come quando si viene investiti da un tram, non so se a qualcuno di voi è mai capitato. Se ne è uscito vivo può capire come mi sento. Mentre ci avviciniamo al carcere giudiziario c’è un silenzio irreale in macchina. Mi verrebbe da dire qualcosa in questo frangente, ci vorrebbe una frase ad effetto, di quelle che non si dimenticano per tutta la vita, di quelle che restano scritte nella memoria di un popolo e dei lettori di un giallo.
- Sembra che il tempo si metta al brutto. Forse domani pioverà.
- Tanto in prigione si sta all’asciutto: la galera ha anche qualche aspetto positivo. E poi, pensandoci bene, tutto sommato deve essere una liberazione: mica si può vivere sempre con la paura di essere beccati, tanto si sa che prima o poi succede. Quando uno viene pizzicato può sempre dire: va bhè, ormai è andata, adesso non rischio più niente. Si rilassi dunque, ormai tutto è finito. In questo caso si potrebbe anche dire che tutto è finito in… Gloria.
- Fa anche dell’ironia adesso? Non la credevo capace. Ma in fondo ha ragione lei, Biagiotti. Però adesso mi deve togliere una curiosità: quando ha capito che ero io il serial killer?
- Dammi pure del tu, Picco.
- Ah… posso?
- Adesso sì. Comunque qualche sospetto lo avevo già fin dall’inizio di questa storia: ero andato a scavare nel tuo passato, ho fatto una visita nella tua vecchia casa, sono andato a leggere i tuoi diari, i tuoi quaderni di scuola: la tua tata, a cui eri affezionatissimo e che era una donna bellissima, si era suicidata all’età di trentacinque anni lasciando scritto: “d’ora in poi avrei solo potuto invecchiare”. Nella tua adolescenza l’avevi eletta a modello perfetto della donna da amare, avresti voluto sposarla. Tutto è nato da lì. Non potendo sposare lei, hai deciso di sposare la sua causa.
- E’ vero. Mi sono detto: perché queste donne ancora così belle, anzi al culmine della loro bellezza, dovrebbero col tempo deturparsi, perdere tutto il loro splendore?
- Ma oggi la chirurgia plastica fa miracoli.
- Puhà! La bellezza e la giovinezza per me hanno un senso solo se sono naturali. Dunque ho pensato: tanto vale fermarle adesso. Così quando trovavo belle donne libere oltre la trentina le corteggiavo, le facevo innamorare, facevo l’amore con loro e quindi le uccidevo. Poi le facevo a pezzi, un po’ perché anche da morte il loro corpo intatto si sarebbe corrotto, quindi era preferibile che venissero seppellite così, già irriconoscibili. Poi anche per una questione di depistaggio…
- Si sarebbe potuto pensare ad un classico maniaco che affetta i cadaveri delle sue vittime. La casistica è abbondante.
- Esatto.
- Ma il fatto di fermare gli orologi andava al di là del gesto di un qualsiasi maniaco sessuale: in quel modo, con quel gesto, tu volevi fermare simbolicamente il tempo.
- Proprio così. Avevi veramente capito tutto.
- Poi sono arrivati gli indizi. L’informatore lavora anche per noi. Quando avete parlato della motosega gli hai chiesto senza tentennamenti se suo fratello aveva un alibi “per ieri sera”. Ma lui non ti aveva parlato dell’ora dell’omicidio, che in teoria poteva essere stato commesso anche all’alba o a mezzogiorno. Poi c’era la questione del fritto di mare, il tuo piatto preferito, regolarmente consumato a casa delle vittime. Ma erano solo indizi e non potevo aprire un’inchiesta su di te senza insospettirti. Così ho guardato le ultime chiamate registrate sul tuo telefonino…
- Eh? Come? Ma… ah già… che idiota che sono! A casa della portiera, vero?
- Sì. Ricordi quando me lo sono fatto prestare perché ti ho fatto credere che un bip mi aveva avvisato di chiamare la centrale e il mio cellulare era scarico? Era un trucco per controllare le chiamate in arrivo e in uscita direttamente sul tuo telefonino, senza perdere tempo su tabulati e in iter burocratici per le autorizzazioni del caso.
- Però il bip c’è stato davvero! L’ho sentito con le mie orecchie!
- L’ho fatto io. Da giovane facevo il ventriloquo nelle feste dell’oratorio. Senti? Biiip.
- Incredibile! Diabolico!
- Ho notato che in rubrica c’erano memorizzati i numeri delle quattro vittime.
- Non sono mai riuscito a capire come si cancellano.
- Non hai il libretto delle istruzioni?
- Sì, ma è scritto in coreano.
- Vedi, a non studiare le lingue? Comunque sul telefonino c’era anche il numero dell’ultima chiamata, ricevuta pochi minuti prima. Ho poi appurato che apparteneva ad una certa Gloria Maraschi, anni trentacinque, molto bella, separata senza figli. Una vittima predestinata. Ma tutto questo non era ancora una prova. Dunque abbiamo cominciato gli appostamenti.
- E non l’hai avvisata?
- No, naturalmente. Poteva tradirsi, far saltare tutto, e io il mostro dovevo prenderlo con le mani ancora sporche di sangue, se no addio prove.
- Ma lei così è morta…
- Tanto sarebbe capitato comunque. Tutti muoiono prima o poi.
- Dovrei avvisare la mia vicina di casa, la sciura Gianca, che oggi non potrò andare a pranzo da lei.
- Non è necessario avvisarla, lo sa già. La sciura Gianca è mia madre e ti teneva d’occhio per mio conto fin dall’inizio. Nonostante i suoi ottantacinque anni ha ancora l’hobby delle investigazioni e io ogni tanto la utilizzo come supporto alle mie indagini.
- Pazzesco! Però, mi chiedo: se già mi sospettavi dall’inizio, non avresti potuto farmi pedinare?
- Scherzi? Un giornalista di cronaca nera e pure in gamba come te, lo devo ammettere, se ne sarebbe accorto subito!
- Sì, è probabile, anzi è sicuro. Accorgendomi di essere pedinato e quindi anche sospettato, non avrei fatto errori. Avrei anche dovuto per forza di cose cessare le mie esecuzioni.
- L’avresti fatta franca.
- Ma almeno così avresti evitato ben quattro omicidi.
- Picco, il mio ruolo non è quello di impedire che avvengano gli omicidi bensì, molto semplicemente, quello di arrestare i colpevoli.

FINE


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01/03/2004 16:43
 
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beh beh beh.....


mi aveva sfiorato l'idea,[SM=x142813] ma poi ho pensato di essere troppo sospettosa,[SM=x142834] non riuscendo così ad avere delle risposte esaurienti. [SM=x142853]

molto ben congegnato, scorrevole, divertente, insomma spero di leggerti ancora molto presto, i miei complimenti Fine Dicitore (come dice fiore)

[SM=x142911] [SM=x142874]

Lucia [SM=x142909]
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03/03/2004 19:29
 
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Eccomi, in ritardo ma al traguardo.
Ero arrivato al quinto capitolo e poi impegni qui e là non riuscivo più a proseguire. Allora oggi come mi sono messo al pc mi sono gustati gli ultimi due capitoli (e che il resto aspetti...)

Bellissimo il racconto, divertente sempre...fino alla fine (un po’ d'amaro per la povera Gloria) ma io so che il colpevole non è il giornalista ...[SM=x142910]
E certo, Walko, lo hai costretto a confessare quel povero giornalista e come poteva opporsi?[SM=x142856] L'autore sei tu![SM=x142883]
Ma chi ha inventato gli omicidi? [SM=g27833]
L'autore, ovvio, per cui l'autore è il colpevole.[SM=x142839]

Manette a Walko...

Azz mi sono fatto prendere la mano ...[SM=x142844]

ahahahah[SM=x142832]


Grazie amico[SM=x142848]

[SM=x142878] Giancarlo




04/03/2004 00:49
 
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Concordo con Gian; manette a Walko.[SM=x142831]

Molti secoli fa ebbi l'ardita idea[SM=x142844] di costruire un romanzo giallo a più mani.
Ho iniziato io, poi altri avrebbero dovuto accodarsi ed inserire personaggi, indizi, omicidi ecc. ecc.[SM=x142923]

Ad un buon punto della storia, quando il lettore era ormai avvinto come l'edera (Nilla Pizzi)[SM=x142892] , che ti fa il Fine Dicitore?[SM=g27812] [SM=g27825]
Con un congegno, noto solo a chi è tifoso della roma[SM=g27826] , quindi non perfettamente funzionante[SM=x142859] , butta lì che il serial killer è quello che non avrebbe dovuto essere, e scrive la parola

THE END

al tutto[SM=x142943] , rassicurandoci, caso mai, che avrebbe fatto risuscitare la morta e che altri indiziati sarebbero apparsi.[SM=x142840] [SM=x142840]

Ci siamo rimasti tutti di me****nta piperita!!!!![SM=x142818]
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05/03/2004 07:44
 
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Vi ringrazio per i commenti benevoli.

Ma, Fiordi, ricordo che non avevo scritto "the end" alla storia; avevo solo fatto in modo che a sorpresa il serial killer fosse eliminato da una sua vittima prescelta che poi, in realtà, era più serial killer di lui.


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05/03/2004 11:09
 
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sto cominciando solo adesso a leggere il tuo racconto, non preoccuparti io sono famoso per i miei ritardi eh eh eh
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05/03/2004 20:08
 
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ti dirò la verità... di solito a me i gialli non piacciono e infatti ho cominciato a leggerlo svogliatamente questa mattina (ore 11:30). Tornando da scuola oggi, sul pulman delle 2:10, ero solo alla parola... "fine".
eh eh eh
il tuo racconto mi ha letterlamente rapito

alla prossima

Davide



[SM=x142874] [SM=x142874] [SM=x142874]




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